Pillole di ... Emozioni

Pubblicato il 2 maggio 2023 alle ore 15:38

 

Di questi tempi - in effetti negli ultimi decenni – si sente ovunque parlare di emozioni. Si, ma cos’è un’emozione? Questo è probabilmente uno fra i tanti concetti che abbiamo chiari in mente (almeno vagamente) ma dei quali altrettanto chiaramente non siamo in grado di dare una definizione. Tenterò di seguito di stendere alcune righe in merito.

 

L’American Psychological Association  (A.P.A.)  descrive l’emozione come:  “Un modello di reazione complesso, che chiama in causa elementi esperienziali, comportamentali[1] e fisiologici, mediante i quali un individuo tenta di affrontare una questione o un evento personalmente rilevanti. La qualità specifica dell'emozione (ad esempio, paura, vergogna) è determinata dal significato specifico dell'evento. Ad esempio, se il significato implica una minaccia, è probabile che venga generata paura; se il significato implica la disapprovazione altrui, è probabile che si generi vergogna. L'emozione in genere implica il sentimento, ma differisce dal sentimento nell'avere un coinvolgimento palese o implicito con il mondo.”[2] (s.d.)

 

Denton, a sua volta, scrive: "L'emozione è un particolare stato di coscienza e oltre a ciò […] è la prima incarnazione di una debole consapevolezza che favorisce l'intenzione, che riguarda, ad esempio, il mangiare, il bere, la respirazione, la riproduzione ed evitare cambiamenti significativi della temperatura interna."[3] (2006, pag. 234)

 

Tutte le emozioni sono universali, traggono origine da uno stimolo percepito e generano cambiamenti fisiologici, ma ciascun individuo le sperimenta in modo personale; sorgono all’improvviso e si estinguono lentamente, potendo tra l’altro produrre reazioni in situazioni terze rispetto a quelle nelle quali sono sorte. La stessa emozione può essere elicitata da eventi e contesti differenti e può dare il via ad altre emozioni, producendo un peggioramento delle abilità di ragionamento quando la sua intensità aumenta troppo (Mangal, 2009). Riguardo all’intensità, essa è una delle quattro caratteristiche – insieme a quantità, durata e contenuto – attribuite alle emozioni, ed anche alla base di una loro possibile classificazione (Khatoon, 2012). Le emozioni possono essere inoltre classificate secondo le categorie: primarie/secondarie; positive/negative;  vere/non vere; adatte/non adatte.

 

Le emozioni primarie sono così chiamate in quanto innate, necessarie ai fini della sopravvivenza e non scindibili in stati emozionali meno complessi. La loro funzione è la modulazione – per lo più inconscia – degli stati emotivi e quindi dello stare in relazione con sé stessi, gli altri e il mondo (Ekman e Friesen, 1971). Le emozioni secondarie sono prodotto dell’unione di più emozioni primarie. Ekman e Friesen (ivi) identificarono sei emozioni di base: paura, rabbia, tristezza, gioia, disgusto e sorpresa. In seguito Ekman (2011) stesso ipotizzò la possibilità che esistessero altre emozioni di base ed i suoi allievi Cordaro e Keltner (Cordaro et al., 2018) ne individuarono fino a 22. Fra queste e le altre varie proposte di classificazione, io  propendo – per formazione e valutazione – per quella del Modello Strutturale Integrato: “Nella pratica clinica e didattica abbiamo notato che, automaticamente, quando si aiutava il paziente a focalizzare le emozioni, si arrivava sempre a ridurre la molteplicità delle parole a quattro fondamentali: paura, rabbia, tristezza e gioia.” (Ariano, 2000, p. 209)

 

Riguardo alla distinzione ‘emozioni positive/negative’, Cohn e Fredrickson definiscono le emozioni positive: “risposte situazionali piacevoli o desiderabili... distinte dalla sensazione piacevole e dall'affetto positivo indifferenziato"[4] (2011, p. 13). Per contro, possiamo desumere che le emozioni negative[5] siano risposte spiacevoli o non desiderabili. Secondo tale categorizzazione, emozioni come paura e rabbia sono negative, mentre la gioia è positiva. (Mangal, op. cit.)

 

Per quanto riguarda le distinzioni ‘emozioni vere/non vere’ ed ‘emozioni adatte/non adatte’, le emozioni sono vere quando sono effettivamente provate da un organismo, indipendentemente dalla consapevolezza o meno di quest’ultimo o dalla intensità con la quale le manifesta; di contro, le emozioni sono non vere quando l’organismo non le sta provando, anche se agisce come se le provasse. In fine, le emozioni sono adatte quando sono: vere; consapevoli; adatte al luogo, alla cultura, all’interazione; espresse nel modo giusto, con intensità adeguata all’oggetto che le ha causate, e funzionali – secondo chi le prova – alla crescita propria ed altrui. Quando queste caratteristiche vengono meno, ci troviamo di fronte ad un’emozione non adatta.  (Ariano, op. cit.)


Al di là di queste ed altre possibili categorizzazioni, è più che mai importante sottolineare che tutte le emozioni, da un punto di vista evolutivo, sono adattive (Plutchik, 1966), ossia contribuiscono alla sopravvivenza dell’individuo (LeDoux, 2012).

 

Se le nostre risposte emotive sono state plasmate dalla nostra storia bio-psico-sociale in modo da produrre effetti un tempo utili alla sopravvivenza, ma in seguito disadattivi, è altrettanto possible riplasmarle – con attenzione, riflessione, fatica ed impegno – di modo da regolare in maniera più funzionale i valori di intensità, quantità, durata e contenuto.

 

Se la rabbia, usata senza testa, può farci distruggere l’oggetto dell’emozione, quando usata in modo riflesso, aiuta a chiarire le proprie posizioni, ad affermare la propria presenza, senza ricorrere a violenza fisica e/o verbale, “a farsi spazio”[6] (Ceparano e Tisci, 2023, p. 41). Allo stesso modo, la paura che, mal dosata, può condurre all’ansia anticipatoria, se ben regolata, ci permette di fare attenzione alle situazioni e soppesarle, senza gettarvici a capofitto. Così come la tristezza, che può cronicizzare il dolore di un lutto, oppure aiutarci a gestire la perdita di chi c’era caro ed andare avanti e la gioia, che può metterci in situazioni pericolose (anche dipendenze) per godimenti effimeri, o può farci godere appieno la vicinanza di ciò che ci piace.

 

In sunto: facciamo attenzione a noi stessi ed alle nostre emozioni, non negandole quando arrivano. Conoscersi è il primo passo per potersi prendere cura di sé nelle proprie relazioni con se stessi, gli altri, il mondo.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Ariano, G. (2000). Diventare uomo:2. L’antropologia della psicoterapia d’integrazione strutturale. Ed. Armando. Roma.[7]
  • Ceparano, G.; Tisci, G. (2023). Differenze nella percezione delle emozioni tra i pazienti oncologici all’avvio del trattamento sistemico endovenoso ed i pazienti nefropatici già in trattamento emodialitico. Topic – Temi di psicologia dell’ordine degli Psicologi della Campania. 2(2), pp. 14-43.
  • Cohn, M. A.; Fredrickson, B. L. (2011). Positive emotions. In Lopez, S. J. & Snyder, C. R. (Eds.). The Oxford Handbook of Positive Psychology. Oxford University Press. New York.
  • Cordaro, D. T., Sun, R.; Keltner, D.; Kamble, S.; Huddar, N.; McNeil, G. (2018). Universals and cultural variations in 22 emotional expressions across five cultures. Emotion 18 (1): pp. 75-93.
  • Denton, D. (2006). The Primordial Emotions: The Dawning of Consciousness. Oxford University Press. New York.[8]
  • Ekman, P.; Cordaro, D. T. (2011). What is meant by calling Emotions Basic. Emotion Review. 3 (4): pp 364-370.
  • Ekman, P.; Friesen, W. V. (1971). Constants across culture in the face and emotions. Journal of Personality and Social Psychology, pp. 124-129.[9]
  • Khatoon, N. (consultant editor) (2012). General Psychology. Person Education India.[10]
  • LeDoux, J. E. (2012). Retinking the emotional brain. Neuron. 73: pp. 653 – 676.
  • Mangal, S. K. (2009). General Psychology. Sterling. New Dehli. Edizione originale 1998.[11]
  • Plutchik, R. (1966). Emotions as adaptive reactions: Implications for therapy. Psychoanalytic Review, 53(2), 105–110.

 

 

SITOGRAFIA

 

  • A. P. A.. Dictionary of Psychology. Emotion.[12]

 

 

 

[1] Un testo seminale riguardo all’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altri animali è ‘The expression of the emotions in man and animals’ di Charles R. Darwin (1872): http://www.communicationcache.com/uploads/1/0/8/8/10887248/charles_darwin_-_the_expression_of_the_emotions_in_man_and_animals_-_1872.pdf

[2] Traduzione mia dell’originale: “a complex reaction pattern, involving experiential, behavioral, and physiological elements, by which an individual attempts to deal with a personally significant matter or event. The specific quality of the emotion (e.g., fear, shame) is determined by the specific significance of the event. For example, if the significance involves threat, fear is likely to be generated; if the significance involves disapproval from another, shame is likely to be generated. Emotion typically involves feeling but differs from feeling in having an overt or implicit engagement with the world.”

[3] Traduzione mia dell’originale: “Emotion is a particular state of consciousness and further than that […] it is the first embodiment of dim awareness conducive to intention, bearing, for example, on eating, drinking, breathing, reproduction, and avoiding significant core temperature changes”.

[4] Traduzione mia dell’originale: “pleasant or desirable situational responses… distinct from pleasurable sensation and undifferentiated positive affect”

[5] Per una definizione completa, suggerisco: https://psychologydictionary.org/negative-emotion/

[6] Ecco l’intero passaggio che gli autori, nell’articolo ‘Differenze nella percezione delle emozioni tra i pazienti oncologici all’avvio del trattamento sistemico endovenoso ed i pazienti nefropatici già in trattamento emodialitico’, dedicano alla rabbia: “Sulla Rabbia, i dati ne confermano la presenza. A nostro avviso, alcuni nel doverla esplicitare, visto che  il  senso  comune  gli  attribuisce  sempre  un  connotato  negativo,  cercano di dichiararla  in  maniera attenuata. Andrebbero  posti  ulteriori  approfondimenti  su  questa  emozione,  vista  la connotazione negativa  che  spesso  gli  viene  attribuita che  tralascia,  invece, tutto  il  portato  positivo sia  per  quanto riguarda i processi di adattamento che a salvaguardia dell’esistenza. Sembrerebbe che questa emozione, nei pazienti attenzionati, giochi un ruolo importante nel riadattamento del loro stare nel mondo, forse proprio nell’aiutarli a farsi spazio.” Per consultare l'articolo: https://topic.oprc.it/index.php/topic/article/view/67

[7] Vedi in particolare Capitolo 8: Linguaggio emotivo o dell’esserci

[8] Collegamento: Link: https://archive.org/details/primodialemotion0000dent/page/n5/mode/2up

[9] Collegamento: http://www.paulekman.com/wp-content/uploads/2013/07/Constants-Across-Cultures-In-The-Face-And-Emotion.pdf

[10] Vedi in particolare Capitolo 9: Motivation and Emotion

[11] Vedi in particolare Capitolo 6: Instincts and Emotions

[12] Collegamento: https://dictionary.apa.org/emotion