- GENERE
Il termine ‘genere’ viene usato per indicare il ruolo pubblicamente vissuto da un individuo, come uomo o donna. Le attuali conoscenze scientifiche indicano che lo sviluppo del genere è frutto dell’interazione di fattori biologici, psicologici e sociali (A.P.A., 2013).
Ciò supera, da un lato le teorie antropologiche di ‘genere come costrutto sociale’ (Schegel, 1996) ed in particolare la ‘teoria della performatività’ che definisce il sesso come effetto del genere e quest’ultimo come effetto del discorso (Morris, 1995) [Vedi in particolare p. 567] e dall’altro quella della ‘attitudine naturale verso i sessi’ (Garfinkel, 1967) che Mary Hawkesworth (1997) descrive come una serie di assiomi riguardo al genere che non possono essere posti in discussione, come il fatto che esistano solo due generi naturali, che essi siano distinguibili in base ai genitali e che la deviazione da essi sia patologica.
Ogni società, in gradi differenti, distingue – insieme eventualmente ad altri – i due generi statisticamente più rappresentati, maschile e femminile, partendo spesso dal sesso biologico[1], assegnando il genere natale[2] ed affidando loro una serie di pratiche complementari. La complementarietà di tali pratiche è necessaria al fine di rendere chiara l’organizzazione sociale evitando l’accavallamento dei ruoli. Questa stessa complementarietà nelle attività quotidiane si traduce sovente in ambito religioso in miti e rituali che raccontano di creature ermafrodite, simboleggianti in quest’ottica la completezza[3].
Secondo Schegel (op. cit.) in molte culture esistono due livelli di significato di genere: uno generale e uno specifico. Il significato generale di genere è legato a quello che uomini e donne sono in senso astratto, ed è intimamente correlato al loro sesso biologico ed alle caratteristiche che esso conferisce. Il significato specifico di genere è invece dipendente dalla definizione nell’ambito della struttura di una data società, ed è legato ai momenti in cui i soggetti si incontrano ed interagiscono. Ciò comporta che i due significati possano sia concordare che discordare totalmente o, più frequentemente, concordare solo parzialmente: da qui la necessità di tenere sempre presente il contesto all’interno del quale questi significati sono espressi (ivi).
Va ricordato che spesso le culture antiche non basavano la distinzione dei sessi sulla fisiologia, bensì sulla capacità riproduttiva. Come alcuni antropologi hanno sottolineato, anche in epoche decisamente più recenti e vicine alla nostra, il discorso sulla riproduttività è ciò che distingue gli esseri umani in categorie di genere. Scrive Roscoe: “i contadini di tutto il mondo in genere cercano di migliorare la loro condizione di vita facendo più figli, così da aumentare l'offerta di lavoro per la produzione familiare.” (1996, pp. 220-221). Ad esempio nel popolo africano dei Nuer, una donna sterile può assumere la posizione sociale di uomo e sposare un’altra donna, riconoscendo ufficialmente come suoi i figli che ella potrebbe avere con altri uomini (Evans-Pritchard, 1951).
Il genere, in differenti ere e culture è stato utilizzato per vantare una supposta superiorità maschile. Solo per citare un esempio, in ottica rinascimentale non esisteva un’idea della presenza di due generi, maschile e femminile, piuttosto esisteva un unico genere, quello maschile, del quale il femminile rappresentava la versione incompleta (Greenblatt, 1989).
- GENERE E IDENTITÀ
L’identità di genere è una categoria dell’identità sociale che si riferisce all’identificazione, da parte di un individuo, come appartenente alla categoria maschile, femminile o ad un’altra categoria differente dalla precedenti (A.P.A., op. cit.), essa rappresenta l’esperienza privata ed interiore[4] del proprio genere così come un soggetto la prova e sperimenta, contribuisce all’ uniformità ed all’unità di un essere umano (Nanda, 1999). L’identità di genere – vale la pena sottolinearlo – è slegata dall’orientamento sessuale.[5]
Quando in un individuo genere natale ed identità di genere coincidono, il soggetto si definisce cisgender[6] (Crethar e Vargas, 2007). Viceversa, col termine transgender[7] si fa riferimento all’ampio spettro di individui per i quali, transitoriamente o persistentemente, genere natale ed identità di genere non coincidono. In fine, quando una persona cerca attivamente o subisce una transizione sociale – e talvolta somatica[8] – da un genere all’altro, usiamo il termine ‘transessuale’ (A.P.A., op. cit.).
Dal punto di vista clinico, Quando l’incongruenza fra genere vissuto e genere assegnato alla nascita, o la mancata possibilità di accedere ad interventi di transizione somatica producono forte disagio e angoscia, si parla di ‘disforia di genere’. Poiché, come precedentemente segnalato, il genere col quale ci si identifica può essere alternativo alla dicotomia maschio/femmina: “il disagio non si limita al desiderio di appartenere semplicemente all'altro genere, ma può includere il desiderio di appartenere a un genere alternativo, a condizione che sia diverso dal genere assegnato all'individuo.”[9] (ivi, p. 453)
La percentuale di persone che si rivolgono a strutture accreditate per ricorrere a transizioni somatiche, varia dallo 0,005% - 0,014% per i ‘maschi biologici’, allo 0,002% - 0,003% per le ‘femmine biologiche’. In generale, nella maggioranza dei paesi, per la maggioranza del ciclo di vita, il rapporto è in proporzione a favore dei ‘maschi biologici’[10] (ivi).
- GENERE E RUOLO
Il ruolo di genere è l’insieme del comportamento manifesto di un individuo volto a dimostrare agli altri o a sé stesso il grado col quale egli appartiene ad un dato genere. Ciò include tra gli altri elementi anche l’eccitazione e la risposta sessuale (Nanda, op. cit.).
Riguardo all’importanza del rispetto del ruolo di genere, e quanto pratiche diverse non siano appropriate, Plutarco racconta : “Si dice che il legislatore dei Lici abbia ordinato ai suoi cittadini, che ogni volta che piangessero, si vestissero prima da donna e poi piangessero, volendo mettere in chiaro che il lutto è cosa da donne e disdicevole per uomini decorosi che rivendicano di aver ricevuto l'educazione di nati liberi.”[11] (1928, p. 167)[12].
- GENERE E SOCIETÀ
Differenti società in differenti luoghi e tempi hanno prodotto differenti generi e relativi ruoli. Vediamo di seguito alcuni esempi.
Fra i popoli nativi americani esisteva fino al diciannovesimo secolo il ruolo socialmente accettato dei bendache, uomini e donne che sceglievano volontariamente il ruolo dell’altro sesso. Il popolo zapoteco dell’Oxaca (Messico Meridionale) annoverava i muxe: “un terzo genere tra quello maschile e femminile, che prende alcune caratteristiche da ciascuno.” (Chiñas, 1995, p. 294). L’antico induismo, identificava un terzo genere oltre a quelli maschile e femminile. Questo terzo genere era a sua volta suddiviso in quattro categorie: gli eunuchi maschi, detti ‘senz’acqua’ perché avevano i testicoli essiccati; gli ‘svuotati dei testicoli, detti così perché castrati; gli ermafroditi; le ‘non-donne’, che erano donne senza mestruazioni. Tutte queste categorie servivano a fornire differenti possibilità sessuali.
Ancora oggi i Mojave dell’ovest degli Stati Uniti contano quattro generi: maschile, femminile, alyha, hwame. Gli alyha sono i maschi che assumono abiti e ruolo femminile, le hwame le femmine che assumono il ruolo maschile (Nanda, op. cit.); in India esiste il ruolo degli hijras, uomini che diventano donne (il contrario non è invece concesso) e che praticano di solito la prostituzione ed i rituali propiziatori (ivi) ed in Thailandia i kathoey, generalmente identificati come terzo sesso, per tale ragione le relazioni fra uomini e kathoey vengono distinte da quelle fra due uomini, e certamente meno stigmatizzate. Infatti secondo i thailandesi l’omosessualità non fa parte del naturale destino di un uomo, e la sua pratica comporta la pazzia oppure eventi naturali infausti, mentre fa parte del destino di un kathoey (Jackson, l997b).
Le motivazioni funzionali alla base della presenza di più generi e relativi ruoli sembrano volte principalmente a proteggere lo status quo. Onde preservarlo, infatti, alcune società preferiscono istituzionalizzare talune forme di transessualismo per ricondurle in qualche modo a una variante nell’ambito della dicotomia maschile/femminile, al fine di far svolgere a questi maschi e femmine ‘surrogati’ delle attività non consentite agli appartenenti al loro sesso biologico, ma di cui la collettività necessita. Questa scappatoia fa ottenere al gruppo ciò che gli occorre senza rischiare gli effetti destabilizzanti del riconoscimento ai generi maschile e femminile maggiori possibilità di quelle consuete.
La necessità di alcuni gruppi umani di salvaguardare la verginità delle proprie donne nubili ha prodotto ad esempio i femminielli napoletani e gli xanith omani, individui transessuali dediti, almeno un tempo, alla prostituzione. I femminielli non si riconoscono come maschi omosessuali - identità che percepiscono socialmente deviante, a differenza della loro – né come femmine: essi sanno di essere diversi da ambo i sessi (Dall’Orto, 1990).
La necessità delle società rurali balcaniche di salvaguardare un sistema basato sul potere e l’ereditarietà maschile, anche in presenza di pochi uomini, ha prodotto le ‘vergini giurate’[13], unico caso di ruolo travestito laico dal quale ci si attende la castità, a differenza ad esempio delle loro controparti asiatica e africana, rispettivamente le calalai[14] indonesiane e le donne non fertili del popolo Nuer, che possono anche sposarsi (Evans-Pritchard, op. cit.).
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association (A.P.A.). (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders: DSM-5™ (5th ed.). American Psychiatric Publishing. Washington (D.C.).[15]
- Chiñas, B., 1995. Isthmus Zapotec attitudes toward sex and gender anomalies. In Stephen O.Murray (ed.). Latin American Male Homosexualities. University of New Mexico Press. Albuquerque, pp.293-302.
- Crethar, H. C. & Vargas, L. A. (2007). Multicultural intricacies in professional counseling. In Gregoire, J. & Jungers, C. (Eds.). The counselor’s companion: What every beginning counselor needs to know. Lawrence Erlbaum. Mahwah.[16]
- Dall’Orto, G., 1990. Mediterranean Homosexuality. In Wayne R. Dynes (ed.). Encyclopedia of Homosexuality. Gardland. New York, pp. 796 - 798.
- Dekker, R. M. & Van de Pol, L. C. (1989). The Tradition of Female Transvestism in Early Modern Europe. Macmillan. Basingstoke.[17]
- Evans-Pritchard, E.E. (1990). Kinship and Marriage Among the Nuer. Edizione originale 1951. Clarendon press. Oxford.[18]
- Garfinkel, H., 1967. Studies in ethnomethodology. Englewood Clittis. Prentice-Hall.
- Graham, S., 2001. Negotiating Gender: Calalai' in Bugis Society, Intersections: Gender, History, and Culture in the Asian Context. August, 6, pp.1-14.
- Greenblatt, S., 1988. Fiction and Friction,in Shakespearean Negotiations. University of California Press. Berkeley, pp. 66-93.[19]
- Hawkesworth, M., 1997. Signs. The University of Chicago Press, vol. 22, No. 3, pp. 649-685.[20]
- Jackson, P. (1997b). Thai research on male homosexuality and transgenderism and the cultural limits of Foucaultian analysis. Journal of the History of Sexuality. 8 (1), pp: 52 - 85.[21]
- Mageo, J., 1996. Samoa, on the wilde Side: Male Transvestism, Oscar Wilde, and Liminality in Making Gender. Ethos, 24(4), pp. 588-627. [22]
- Morris, R.C., 1995. All Made Up: Perfomance Theory and the New Anthropology of Sex and Gender. Annual Review of Anthropology, vol. 24, pp. 567-592.
- Nanda, S. (1999). Neither Man nor Woman: The Hijras of India. (2nd ed.).Wadsworth. Belmont.[23]
- Platone (2008). Simposio. Traduzione italiana e adattamento a cura di Armando Trombino Seconda ristampa. Edizione originale IV secolo A.C.. Armando. Roma.
- Roscoe, W., 1996. Priests of the Goddess: Gender Transgressicn in Ancient Religion. History of Religions, 35 (3), pp.195-230.
- Schegel, A., 1996.Gender Meanings: General and Specific. In Beyond the Second Sex: New Directions in the Anthropology of Gender. Peggy Reeves Sanday & Ruth Gallagher Goodenough (ed.). University of Pennsylvania Press. (Fourth paperback printing of the 1990 original).[24]
SITOGRAFIA
- American Psychological Association. (2008). Understanding sexual orientation and homosexuality.[25]
- H.C.H.R. (s.d.). Intersex people.[26]
- Plutarco (1928). Consolazione ad Apollonio. Loeb Classical Library, Vol. II. Harvard University Press. Cambridge.[27]
[1] Ricordo che gli individui intersessuali , cioè nati con caratteristiche sessuali che non si adattano decisamente al sesso maschile o femminile hanno, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (O.H.C.H.R., s.d.) una incidenza stimata di c.ca l’1.7%, rendendoli decisamente minoritari rispetto ai soggetti nati francamente maschi o francamente femmine.
Per approfondimenti, suggerisco: https://www.unfe.org/wp-content/uploads/2017/05/UNFE-Intersex.pdf
[2] Il genere assegnato alla nascita – generalmente maschile o femminile – viene indicato come ‘genere natale’ (A.P.A., 2013).
[3] “Allora c’erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmina. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. […] Era l’ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. […] Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. La ragione per cui c’erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal sole, la femmina dalla terra e il genere che aveva i caratteri d’entrambi dalla luna, visto che anche la luna ha i caratteri sia del sole che della terra”. (Platone, 2008, pp. 72-3)
[4] Mageo (1996) invece sostiene che l’identità di genere come esperienza soggettiva non sia un dato universale; essa varrebbe infatti per il mondo occidentale, mentre per altre società, come quella Samoa ad esempio, l’identità sarebbe legata al ruolo sociale.
[5] “L'orientamento sessuale si riferisce a un modello duraturo di attrazioni emotive, romantiche e/o sessuali per uomini, donne o entrambi i sessi. L'orientamento sessuale si riferisce anche al senso di identità di una persona basato su tali attrazioni, comportamenti correlati e appartenenza a una comunità di altri che condividono tali attrazioni.” (Associazione Psicologica Americana, 2008). Traduzione mia del passaggio: “Sexual orientation refers to an enduring pattern of emotional, romantic, and/or sexual attractions to men, women, or both sexes. Sexual orientation also refers to a person’s sense of identity based on those attractions, related behaviors, and membership in a community of others who share those attractions.”
[6] Le forme italiane derivate dal termine inglese, rispettivamente ‘cisessuale‘ e ‘cisgenere’, sono nettamente meno utilizzate.
[7] La forma italiana ‘transgenere’ è nettamente meno utilizzata.
[8] La transizione somatica può essere ottenuta tramite trattamento con ormoni sessuali e/o chirurgia genitale.
[9] Traduzione mia dell’originale: “the distress is not limited to a desire to simply be of the other gender, but may include a desire to be of an alternative gender, provided that it differs from the individual's assigned gender.”
[10] Tenendo conto del gran numero di soggetti che non si rivolgono a centri specializzati, appare chiaro che questi dati sono probabilmente sottostimati.
[11] Traduzione mia dell’originale: ““They say that the lawgiver of the Lycians​ ordered his citizens, whenever they mourned, to clothe themselves first in woman's garments and then to mourn, wishing to make it clear that mourning is womanish 113and unbecoming to decorous men who lay claim to the education of the free-born.”
[12] Plutarco qui si rifà all’affermazione di Valerio Massimo, ne ‘Fatti e Detti memorabili’: “Quocirca recte Lycii, cum his luctus incidit, muliebrem vestem induunt, ut deformitate cultus commoti maturius stultum proicere maerorem velint.” (libro II, 6.13). Per approfondimenti suggerisco: http://penelope.uchicago.edu/Thayer/L/Roman/Texts/Valerius_Maximus/2*.html#6.13
[13] Nel nord dell’Albania, all’interno di una società montanara dove le donne erano viste quasi solo come una proprietà dei loro padri prima e dei loro mariti poi, è sopravvissuto fino almeno al ventesimo secolo il ruolo delle donne che reclamavano sé stesse, giurando di restare vergini e non sposare uomini; così facendo esse acquisivano una posizione sociale simile a quella maschile (Dekker & van de Pol, 1989).
[14] Le calalai sono femmine biologiche del popolo Bugis che non vogliono seguire le norme imposte alle donne ma che non vogliono neppure diventare uomini. Il loro ruolo consente loro una maggiore libertà sociale perfino di quella accordata agli uomini. Esse vestono e svolgono lavori da uomo, ed assumono ruoli attivi nei rapporti omosessuali che preferiscono intrattenere con donne molto femminili (Graham, 2001).
[15] Vedi in particolare pp. 451, 454.
[16] Vedi in particolare p. 59.
[17] Vedi in particolare p. 43
[18] Vedi in particolare pp. 108-109
[19] Vedi in particolare p. 88.
[20] Vedi in particolare p. 649.
[21] Vedi in particolare pp. 63-64
[22] Collegamento (vedi in particolare pp. 590 – 591): http://libarts.wsu.edu/anthro/pdf/samoa-wilde-mageo.pdf
[23] Vedi in particolare pp. 21-22, 114, 132.
[24] Collegamento (vedi in particolare pp. 23 – 24): http://books.google.it/books?hl=it&id=sHWzzm7Xe2MC&q=anthropology#v=onepage&q=It%20is%20generally%20agreed%20that%20gender%2C%20or%20&f=false
[25] Collegamento: https://www.apa.org/topics/lgbtq/orientation
[26] Collegamento: https://www.ohchr.org/en/sexual-orientation-and-gender-identity/intersex-people#:~:text=Intersex%20people%20are%20born%20with,are%20born%20with%20intersex%20traits.
[27] Collegamento: http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Plutarch/Moralia/Consolatio_ad_Apollonium*.html
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