Una farfalla dalle ali circonvolute: Perché la psicoterapia funziona (sul cervello)

Pubblicato il 17 settembre 2023 alle ore 22:08

 

 

  1. NOI SIAMO IL NOSTRO CERVELLO

 

 

“Come diceva […] Edison,

<<il corpo serve a portare in giro il cervello>>.”

(Magrini, 2020, p. 9)

 

 

Secondo le attuali conoscenze, la nostra specie – homo sapiens – è nata in Africa intorno a duecentomila[1] anni fa, e circa centomila anni più tardi ha cominciato a mostrare segni della nostra tipica forma di intelligenza, ad esempio attraverso la realizzazione di oggetti a scopo rituale, non utili alla sopravvivenza; cinquantamila anni più tardi, in fine, essa è diventata mentalmente moderna (Pievani, 2018).

 

Il fatto che dalla comparsa di esseri umani anatomicamente moderni alla realizzazione di artefatti che ne provano l’intelligenza simbolica, siano trascorse centinaia di migliaia di anni, permette di supporre che homo sapiens, da subito dotato di una macchina potentissima – il nostro cervello –  abbia impiegato molto tempo prima di riuscire a sfruttarne le spettacolari e devastanti potenzialità.

 

Il cervello umano è erede di una storia antica, cominciata all’incirca duecentocinquanta milioni di anni fa, quando nel mondo animale si evolse il cosiddetto ‘cervello rettile’. Nel corso di milioni di anni ad esso si è aggiunto, in alcune specie, il ‘cervello mammifero’ ed ancora, in un più esiguo numero di specie il ‘cervello primate’. Dal primo abbiamo ereditato il cervelletto ed il tronco encefalico, dal secondo il sistema limbico e dal terzo la corteccia – rappresentante il 90% della massa totale – la cui forte concentrazione di corpi neuronali dà il colore per il quale la conosciamo anche come ‘materia grigia’ (Magrini, op. cit.).

 

Naturalmente esso non rappresenta solo una unione dei tre cervelli originari, bensì una loro evoluzione e fusione. Le soluzioni che hanno vinto non sono necessariamente le migliori possibili, e svelano chiaramente che l’evoluzione non lavora come un ingegnere – in modo finalistico [2] – ma per mezzo di compromessi, favorendo o sfavorendo soluzioni che compaiono casualmente,  attraverso la modifica, la fusione o la divisione di strutture preesistenti, con risultati che talvolta conducono le strutture derivate a svolgere tutt’altra funzione da quella che svolgevano le loro antenate[3] (Gould e Vrba, 1982).

 

Scrive Francois Jacob: “Questa procedura evolutiva – la formazione di una neocorteccia dominante unita alla persistenza di un sistema nervoso e ormonale parzialmente, ma non totalmente, sotto il controllo della neocorteccia – ricorda fortemente la procedura di una persona dedita al bricolage.” [4] (Jacob, 1977, p. 1166)

 

Un altro compromesso evolutivo è rappresentato dall’ambiente di sviluppo del nostro cervello. Le dimensioni di questo organo affascinante, se messe in rapporto con quelle dei nostri parenti più stretti, i primati non umani, richiederebbero una gestazione doppia rispetto agli abituali nove mesi per uno sviluppo completo ma, essendo noi una specie bipede, il bacino femminile è vincolato a delle proporzioni che non permetterebbero la nascita di un neonato con una testa commisurata ad un cervello sviluppato. La soluzione vincente per la nostra specie è stata quella di partorire piccoli immaturi, il cui cervello continuerà ad accrescersi ad un ritmo sostenuto per molto tempo dopo la nascita (Manzi, 2021).

 

Effetto di questo compromesso è che lo sviluppo cerebrale del bambino avviene per i due terzi a contatto con un dato ambiente sociale, che giocherà un ruolo fondamentale nel suo sviluppo mentale, anche nei suoi aspetti patologici (Orbecchi, 2020). Scrive Maurilio Orbecchi: “in tutti i mammiferi sociali i disturbi psicologici derivano sia dal sistema biologico, sia dagli stimoli dell’ambiente, in particolare a causa di traumi, maltrattamenti infantili e carenze affettive”.  (ivi, p.52)

 

Questo passaggio chiama in causa due concetti importanti. Il primo, sviluppato da Engles (1977), è quello che la salute (compresa quella mentale) sia il prodotto dell’interazione fra le sfere biologica, psicologica e sociale di ciascun individuo ed ha prodotto il modello bio-psico-sociale, attualmente imperante in ambito sanitario.

 

In secondo  è che l’essere umano, in quanto animale naturalmente sociale, date le sue peculiarità di sviluppo, necessita di essere esposto da subito all’interazione con altri della sua specie, non solo per il soddisfacimento delle necessità biologiche, ma anche di quelle psicologiche alle quali in special modo coloro i quali lo accudiscono stabilmente possono far fronte in modo da favorirne o meno uno sviluppo armonico.

 

Scrive Denis Buican: “All’alba della vita, quando le virtù ereditarie cominciano a porre la loro indelebile impronta sulla formazione degli uomini, il bambino può aprirsi o chiudersi in funzione dell’ambiente, adeguato o improprio al suo sviluppo.”[5] (2019, p. 33), e più ironicamente Lisa Feldman-Barrett: “La cosa migliore per il tuo sistema nervoso è un altro essere umano. La cosa peggiore per il tuo sistema nervoso è ugualmente un altro umano”.[6](2020, p. 93)

 

Poiché il nostro modo di vedere il mondo, di ricordarlo, di costruire modelli e tentare di prevedere il futuro, di interagire per la crescita o per la decrescita, e talvolta di ingannarci e stare male è dettato dal nostro cervello, la cui mente è sorta dall’incontro fra i bagagli biologico, psicologico e sociale che ciascuno di noi porta con sé in un connubio unico, possiamo affermare, parafrasando appena Hawkins e Blakeslee (2005), che ‘noi siamo il nostro cervello’[7].

 

 

  1. NOI SIAMO IL NOSTRO INCONTRO

 

 

“Una persona fa la sua comparsa

entrando in relazione con altre persone.” [8]

(Buber, 1942, p. 62)

 

 

Quando la mente umana, prodotto del cervello, va in sofferenza, gli interventi sanitari d’elezione sono essenzialmente di due tipi, farmacologici e psicologici; talvolta usati in alternativa, talaltra in combinazione.

 

In ambito psicologico, l’intervento principe per il lavoro con chi soffre di una qualche forma di disagio mentale è la psicoterapia.

 

Col termine psicoterapia possiamo riferirci a: “Ogni forma d’intervento terapeutico nei confronti di disturbi mentali, emotivi e comportamentali, impostato e condotto a termine con tecniche psicologiche (alle quali può aggiungersi il complemento farmacologico), ispirato a principî e metodi diversi, con il fine di migliorare l’adattamento dei pazienti all’esistenza e alla realtà circoscrivendo cause e natura di disadattamenti, conflitti, situazioni critiche”. Treccani (s.d.)

 

Sebbene la psicoterapia sia suddivisa in correnti[9], divergenti più sul piano teorico che nella pratica clinica, essa ha dimostrato nel suo insieme una validità di risultati che non si traduce solo nel vissuto soggettivo di miglioramento della propria vita da parte del paziente, ma nell’evidenza data dalle modifiche apportare al cervello di quest’ultimo, verificabili attraverso studi di neuroimaging (Roffman et. al., 2005) che mostrano modifiche in aree specifiche, correlabili col miglioramento clinico (Frewen et al., 2008).

 

In un’analisi critica degli effetti della psicoterapia sul cervello, Barsaglini e colleghi scrivono: “Le prove esaminate indicano che (I) a seconda del disturbo in esame, la psicoterapia determina o una normalizzazione di modelli di attività anormali, il reclutamento di aree aggiuntive che non mostravano un'attivazione alterata prima del trattamento, o una combinazione dei due; (II) gli effetti della psicoterapia sulla funzione cerebrale sono paragonabili a quelli dei farmaci per alcuni ma non tutti i disturbi; e (III) esistono prove preliminari che i cambiamenti neurobiologici sono associati al progresso e ai risultati della psicoterapia”.[10] (2014, p. 1)

 

Va specificato che psicoterapia e cura farmacologica non agiscono, o almeno non spesso, allo stesso modo sulle stesse aree cerebrali, anche perché la prima si occupa dell’allenamento del cervello in funzione della ricerca e risoluzione dei problemi, mentre la seconda lavora sulla gestione dei sintomi. In riferimento ad un loro lavoro del 2016, scrivono Boccia e colleghi : “I nostri risultati dimostrano che le due terapie modificano diversi circuiti neurali. Nello specifico, la psicoterapia induce modifiche selettive nel giro frontale inferiore e superiore sinistro, nel giro temporale medio, nel giro linguale e nella corteccia cingolata media, nonché nel giro frontale medio destro e nel giro precentrale. Differentemente, la terapia farmacologica ha influenzato selettivamente l’attivazione cerebrale nell’insula destra nei pazienti con depressione maggiore. Questi risultati sono in linea con le prove precedenti della sinergia tra psicoterapia e farmacoterapia, ma dimostrano anche che le due terapie hanno basi neurali diverse”.[11] (2016, p. 619)

 

Gli studi citati – e non solo – hanno indagato gli effetti di differenti approcci psicoterapici su differenti tipi di pazienti, ottenendo risultati simili; ciò può ricadere nell’ambito del cosiddetto ‘verdetto del Dodo’[12]: ”Tutti quanti hanno vinto, e tutti debbon' essere premiati." (Caroll, 1872, p. 34) e rafforza l’ipotesi che le differenze fra le correnti terapeutiche siano accademiche che pratiche. Inoltre ci consente di andare a ricercare le buone pratiche che tutti gli psicoterapeuti mettono in campo e che sono alla base del successo dei loro interventi.

 

Alla base della psicoterapia moderna c’è la relazione. Scrive Michael Kahn: “Nella terapia di successo il terapeuta fornisce al cliente una relazione diversa da qualsiasi altra che il cliente abbia avuto prima”[13] (2001, p.xi), ed aggiunge: “la relazione è la terapia” [14] (ivi, p. 1)

 

La relazione come metodo di formazione e cambiamento del modo di pensare è parte integrante dello sviluppo della nostra specie fin dalla notte dei tempi, e vede chiari esempi nell’apprendimento attraverso il legame madre-figlio o dei giovani con gli anziani della propria tribù. Queste interazioni, così come la psicoterapia, sfruttano la plasticità tipica del cervello sapiens per aiutare o inibire la costruzione di connessioni (Cozolino, 2016). La peculiarità della relazione psicoterapeuta-cliente è legata alla conoscenza e dell’attenzione attiva da parte del terapista riguardo a sé stesso ed al paziente, unita allo sforzo da parte del paziente di essere presente.

 

Accantonata ormai l’idea degli psicoterapeuti della prima ora - mutuata dalla loro formazione organicista - che analista ed ambiente terapeutico potessero essere neutrali, e che la relazione fosse al più irrilevante (Kahn, op. cit.), si sono fatte strada nel tempo idee opposte.

 

Riguardo allo psicoterapeuta, Carl Rogers (Rogers e Dymond, 1954) riteneva che dovesse essere genuino, ed interagire col cliente con empatia e considerazione positiva. Col termine ‘genuino’, egli intendeva che il terapista dovesse sempre essere in contatto col proprio mondo interiore ed in grado di esprimere i propri sentimenti quando riteneva il non farlo un ostacolo per la relazione. Con ‘empatia’ si riferiva al tentativo continuo di immedesimarsi nel vissuto del cliente senza esserne risucchiato. In fine, con ‘considerazione positiva’, egli intendeva l’essere sempre dalla parte del cliente.

 

Altri autori, in particolare Merton Gill e Heinz Kohut, univano all’importanza delle caratteristiche del terapista il lavoro attivo sulla relazione e quindi la sollecitazione al cliente di non limitarsi a raccontare della propria vita, ma essere presente nella relazione terapeutica (Kahn, op. cit.). In particolar, per Kohut (1984) scopo della terapia era fornire una esperienza emozionale correttiva, basata su due elementi: comprensione e spiegazione (1977).

 

Cozolino (op. cit.) sottolinea come una buon attaccamento nella relazione terapeutica aiuti l’attivazione di meccanismi che favoriscono la plasticità neuronale, diminuendo lo stress e creando così la condizione affinché il paziente possa superare le proprie paure attraverso degli esperimenti compiuti in collaborazione col terapista, che è in questo caso una base sicura. Sempre grazie ad un attaccamento positivo, il terapista può insegnare al paziente che egli può lavorare sul suo presente per costruirsi un futuro migliore.

 

Per Paul Watzlawick (2022), in fine, lo sforzo attivo da parte del terapeuta di comprendere l’immagine del mondo del suo paziente – presupposto essenziale per una terapia efficace – passa anche attraverso l’analisi del linguaggio che quest’ultimo usa, linguaggio che racconta le modalità principali con le quali quest’ultimo esperisce il mondo.

 

La relazione, dunque, gestita per mezzo della tecnica, permette al paziente di andare incontro ad una ristrutturazione; giungere cioè alla consapevolezza di chi si è, scoprendo i propri veri valori, per poi decidere se e quali modificare, nei limiti del possibile (Ariano, 2019). Ristrutturare è dare ad un contesto un nuovo significato più convincente del precedente, facendo saltare l’illusione che la propria versione del mondo fino ad ora contenesse tutte le possibilità (Watzlawick, op. cit.).

 

Ed è grazie alla relazione – supportata dalla tecnica -  che "se i disturbi psichiatrici possono distruggere il cervello, allora la psicoterapia può aiutare a ricostruirlo.” [15] (Malhotra e Sahoo, 2017, p. 411)

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Ariano, G. (2019). Diventare psicoterapeuta. Sipintegrazioni. Napoli.[16]
  • Barsaglini, A.; Sartori, G.; Benetti, S.; Pettersson-Yeo, W. & Mechelli, A. (2014). The effects of psychotherapy on brain function: A systematic and critical review. Progress in Neurobiology,114, pp. 1-14.
  • Boccia, M.; Piccardi, L. & Guariglia, P. (2016). How treatment affects the brain: meta-analysis evidence of neural substrates underpinning drug therapy and psychotherapy in major depression. Brain Imaging and Behavior, 10(2), pp. 619-627.
  • Buber, M. (1942). I and Thou. Translated by Ronald Gregor Smith. T. & T. Clark. Edinburgh. First print 1937.
  • Buican, D. (2019). Charles Darwin. Armando. Traduzione italiana a cura di Giovanni Praticò dell’originale: Buican, D. (1992). Charles Darwin. Avant/Après . Criterion. Paris.
  • Carroll, L. (1872). Le avventure d’Alice nel paese delle meraviglie. Traduzione italiana di T. Pietrocola-Rossetti dell’originale ‘Alice’s andventures in Wonderland’ (1865). Macmillan & Co.. Londra.[17]
  • Cozolino, L. (2016). Why Therapy Works. The Neuropsychotherapist, 4(1): pp 6-17.
  • Feldman-Barrett, L. (2020). Seven And A Half Lessons About The Brain. Houghton Mifflin Hardcourt. New York.
  • Frewen P. A.; Dozonius, D. J. & Lanius R. A. (2008). Neuroimaging studies of psychological interventions for mood and anxiety disorders: empirical and methodological review. European Neuropsychopharmacology, 18 (7), pp. 473-485.
  • Girotto, V.; Pievani, T.; Vallortigara, G. (2021). Nati per credere: perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin. Codice. Torino.[18]
  • Gould, S. J.; Vrba, E. S. (1982). Exaptation: a missing term in the science of form. Paelobiology 8(1), pp. 4-15.[19]  
  • Hawkins, J. & Blakeslee, S. (2005). On intelligence. Owl books. New York. Originally published by Times Books (2004).
  • Jacob, F. (1977). Evolution and Tinkering. Science. Volume 196 (issue 4295): pp. 1161-1166.
  • Kahn, M. (2001). Between Therapist and Client: The new relationship (Revisited edition). Edizione originale 1991; prima edizione rivisitata 1997. Henry Holt & Company. New York.[20]
  • Kohut, H. (1977). The restoriation of the self. International Universities Press. New York.[21]
  • Kohut, H. (1984). How does the analysis cure? University of Chicago Press. Chicago.[22]
  • Magrini, M. (2020). Cervello: Manuale dell’utente. Quarta ristampa della prima edizione (2017). Giunti. Firenze.[23]
  • Malhotra, S. & Sahoo, S. (2017). Rebuilding the brain with psychotherapy. Indian Journal of Psychiatry, 59(4), pp. 411-419.[24]
  • Manzi, G. (2021). L’ultimo Neanderthal racconta. Storie prima della storia. Il Mulino. Bologna.[25]
  • Orbecchi, M. (2020). Biologia dell’anima: Teoria dell’evoluzione e psicoterapia. Bollani Boringhieri. Milano.
  • Pievani, T. (2018). Atlante dell’evoluzione umana. Libreria geografica. Novara[26]
  • Roffman, J. L.; Marc I, C. D.; Glick, D. M.; Dougherty, D. I. D. & Rauch, S. L. (2005). Neuroimaging and the functional neuroanatomy of psychotherapy. Psychological Medicine, 35, pp. 1385–1398.[27]
  • Rogers, C. R. & Dymond, R. F. (Eds.) (1954). Psychotherapy and personality change. University of Chicago Press. Chicago.
  • Watzlawick, P. (2022) Il linguaggio del cambiamento: Elementi di comunicazione terapeutica. Milano.[28]

 

 

SITOGRAFIA

 

  • Treccani (a cura di) (s.d.). Vocabolario on line. [29]

 

 

 

[1] In ambito accademico attualmente non vi è ancora consenso rispetto alla classificazione di alcuni fossili trovati presso la località di Jebel Irhoud in Marocco, databili ad oltre trecentomila anni fa. Per alcuni studiosi essi rappresentano una forma di homo sapiens: se ciò fosse confermato, la comparsa della nostra specie verrebbe retrodatata di più centomila anni. Per approfondimenti, suggerisco: https://ilfattostorico.com/2017/06/08/scoperto-in-marocco-il-piu-antico-homo-sapiens-del-mondo-risale-a-315-000-anni-fa/#:~:text=Ma%20la%20mancanza%20di%20caratteristiche%20che%2C%20secondo%20lei%2C,Irhoud%20non%20dovrebbero%20essere%20considerati%20di%20Homo%20sapiens.

[2] Lo stesso atteggiamento del pensare all’evoluzione in modo finalistico è di per sé il risultato dell’applicazione errata della naturale tendenza umana a vedere schemi ed attribuire intenzionalità anche ad agenti inanimati. Questa iperattribuzione di significato deve essere stata particolarmente adatti per i nostri antenati in tempi remoti, ma nel mondo moderno è in grado di sviare i nostri ragionamenti (Girotto, Pievani e Vallortigara, 2021).

[3] Questo fenomeno prende in italiano il nome di ‘Esattamento’ (‘Exaptation’ in lingua originale).

[4] Traduzione mia de: “This evolutionary procedure – the formation of a domination neocortex coupled with the persistence of a nervous and hormonal system partially, but not totally under the rule of the neocortex – strongly resembles the tinkerer’s procedure.”

[5] Traduzione italiana dall’originale francese a cura di Giovanni Praticò.

[6] Traduzione e adattamento miei della frase: “The best thing for your nervous system is another human. The worst thing for your nervous system is also another human”.

[7] La frase originale è: “You are your brain” (Hawkins e Blakeslee, 2005, p. 1), traducibile come: “Tu sei il tuo cervello”.

[8] Traduzione mia dell’originale: “A person makes his appearance by entering into relation with other persons." 

[9] Le principali correnti psicoterapiche, alle quali bene o male si rifanno tutte le scuole sono: psicoanalitica; cognitivo-comportamentale; umanistico-fenomenologico-esistenziale.

[10] Traduzione mia dell’originale: “The evidence reviewed indicates that (i) depending on the disorder under investigation, psychotherapy results in either a normalisation of abnormal patterns of activity, the recruitment of additional areas which did not show altered activation prior to treatment, or a combination of the two; (ii) the effects of psychotherapy on brain function are comparable to those of medication for some but not all disorders; and (iii) there is preliminary evidence that neurobiological changes are associated with the progress and outcome of psychotherapy.”

[11] Traduzione mia dell’originale: “Our results demonstrate that the two therapies modify different neural circuits. Specifically, PsyTh induces selective modifications in the left inferior and superior frontal gyri, middle temporal gyrus, lingual gyrus and middle cingulate cortex, as well as in the right middle frontal gyrus and precentral gyrus. Otherwise, DrugTh selectively affected brain activation in the right insula in MD patients. These results are in line with previous evidence of the synergy between psychotherapy and pharmacotherapy but they also demonstrate that the two therapies have different neural underpinnings.”

[12] In riferimento ad un personaggio del racconto ‘Le Avventure d'Alice nel paese delle meraviglie’ di Lewis Carroll.

[13] Traduzione mia dell’originale: “in successful therapy the therapist provides for the client a relationship unlike any the client has had before.”

[14] Traduzione mie dell’originale: “the relationship is the therapy”.

[15] Traduzione mia dell’originale: “if psychiatric disorders can debuild the brain, then psychotherapy can help in rebuilding it again.”

[16] Vedi in particolare p. 56.

[17] Collegamento: https://archive.org/details/leavventuredalic00carr/page/34/mode/2up

[18] Vedi in particolare p. 175.

[19] Collegamento: http://www2.hawaii.edu/~khayes/Journal_Club/fall2006/Gould_&_Vrb_1982_Paleobio.pdf

[20] Vedi in particolare pp. xi, 1, 5, 15-17, 66.

[21] Vedi in particolare p. 227.

[22] Vedi in particolare p. 78.

[23] Vedi in particolare pp. 26, 45, 50, 57.

[24] Collegamento: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5806319/

[25] Vedi in particolare p. 171.

[26] Vedi in particolare p. 106.

[27] Collegamento: https://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.587.7139&rep=rep1&type=pdf

[28] Sedicesima edizione della prima ampliata (2004) dell’originale ‘Die Moglichkeit des Andersseins, zur Technik der Therapeutischen Kommunikation’ (1977). Traduzione dal tedesco di Lucia Cornalba. Adattamento ampliamento ed aggiornamento della versione italiana rispetto alla tedesca, a cura di Paul Watzlawick. Vedi in particolare pp. 75, 114-115, 134-135.

[29] Collegamento: https://www.treccani.it/vocabolario/psicoterapia/