PsicoDizionario - Conoscenza

Pubblicato il 16 ottobre 2023 alle ore 16:02

 

 

Le evidenze psicologiche mostrano come l’infante umano alla nascita sia una creatura inetta e vulnerabile, priva di funzioni mentali, le quali si svilupperanno solo attraverso l’interazione, in un dato contesto sociale, con altri esseri umani[1]. Chi si prende cura del neonato non ne permette solo la crescita biologica ma anche psicologica e sociale, poiché nello sviluppo della nostra specie queste tre dimensioni sono strettamente interdipendenti (Cohen, Leung e Ijzerman, 2009).

 

Ciò confuta quanto sostenuto da Cartesio[2], che il pensiero racchiudesse idee innate (Anscombe e Geach, 1954 ); a differenza di quanto ipotizzato dal celebre filosofo francese, oggi sappiamo che non vi sono idee innate ma dispositivi nervosi a base genetica dei quali la nostra mente si serve per giungere alla conoscenza, la quale deriva – in ogni sua forma – dall’esperienza, attraverso le sensazioni. L’esperienza – l’insieme di tutte le nostre esperienze singole – ci permette, attraverso l’azione e l’imitazione, di costruire ed arricchire la nostra personale libreria di conoscenza e di elaborare teorie su noi stessi, gli altri ed il mondo. (Anolli e Legrenzi, 2012). Col termine ‘conoscenza’ intendiamo: “L’atto del conoscere una persona, dell’apprendere una cosa” (Treccani, s.d.)

 

L’atto del ‘conoscere’ richiede che la nostra mente rappresenti, comprenda e categorizzi un evento. La mente si crea rappresentazioni mentali, cioè simboli o modelli, in corrispondenza di oggetti o eventi; ne comprende quindi il significato, interpretandoli alla luce dei loro contesti, stabilendo connessioni e dandosi spiegazioni plausibili; in fine, ne categorizza gli elementi, dividendoli e raggruppandoli secondo caratteristiche dettate e regolate dalla propria cultura di riferimento[3]. La conoscenza può essere di tipo procedurale e dichiarativo. La conoscenza procedurale riguarda come sappiamo fare le cose e si acquisisce tramite le azioni; la conoscenza dichiarativa riguarda che cosa sappiamo e si costruisce attraverso l’acquisizione di fatti e concetti. (Anolli e Legrenzi, op. cit.).

 

L’atto dello ‘apprendere’ implica una modificazione stabile del comportamento a seguito di un’esperienza ripetuta. Esso è necessario e per lo più contingente. La necessità deriva dal fatto che il nostro cervello, sede fisica dei processi di apprendimento, funziona in modo controintiuitivo, cioè si rafforza con l’uso, mentre l’inattività lo conduce alla sofferenza, all’apatia, all’atrofia. La contingenza è legata al fatto che per la maggior parte l’atto di apprendere di uno specifico individuo è legato ad uno specifico contesto in uno specifico tempo: l’apprendimento è dunque il frutto dell’incontro fra quello che l’ambiente offre e quello che noi ne cogliamo, a seconda delle nostre aspettative (ivi). La stessa mente umana è ‘situata’, cioè fondata sull’interazione perenne fra individuo ed ambiente (Mesquita, Feldman Barrett e Smith, 2010).

 

Nella nostra specie, come abbiamo visto, l’interazione coi conspecifici assume un ruolo preponderante per lo sviluppo degli individui, non stupisce dunque la formulazione della Teoria ‘Interattivo-costruzionista’ (Bruner, 1990) secondo la quale l’apprendimento umano, soprattutto in tenera età, avvenga in modo privilegiato tramite l’interazione. La relazione di apprendimento adulto-bambino è un sistema nel quale i soggetti si influenzano reciprocamente, condividendo significati, norme e scopi, e dove è più importante l’accordo sul come si fanno le cose (modi e regole), che su che cosa si fa (contenuti).  È infatti attraverso la routinizzazione dei modi di fare che il bimbo apprende (Anolli, 2011), anche grazie all’aiuto di un sistema di neuroni detti ‘specchio’, che permette al soggetto di riprodurre la sequenza delle azioni effettuate dall’adulto e, con l’aumentare dell’età, di comprenderne ed anticiparne le intenzioni, sulla base della ‘somiglianza sociale’ [4](Meltzoff, 1995).

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Anolli, L. (2011). La sfida della mente multiculturale. Nuove forme di convivenza. Cortina. Milano.
  • Anolli, L. & Legrenzi, P. (2012). Psicologia Generale. Quinta edizione dell’originale (2001). Il Mulino. Bologna.[5]
  • Anscombe, G. E. M. & Geach, P. T. (1954). Descartes: Philosophical writings. Nelson Open University. Edinburgh.[6]
  • Bruner, J. S. (1990). Acts of Meaning. Harvard University Press. Cambridge (MA).
  • Cohen, D.; Leung, A. K. & Ijzerman, H. (2009). Culture, Psyche, and Body make each other up. European Journal of Social Psychology, 39, pp. 1298-1299.
  • Meltzoff, A. N. (1995). Understanding the intentions of others: Re-enactment of intended acts by 18-month-old children. Developmental Psychology, 31(5), pp. 838-850.
  • Mesquita, B.; Feldman Barrett, L. & Smith E. R. (2010). The mind in context, Guilford. New York

 

 

SITOGRAFIA

 

  • Treccani (s.d.). Conoscènza.[7]

 

 

 

[1] Si pensi che  nella nostra specie – homo sapiens – lo slancio di crescita cerebrale nel periodo neonatale è dell’85%, ossia il nostro cervello si sviluppa per la maggior parte nel primo periodo successivo alla nascita, a diretto contatto con l’ambiente (Anolli e Legrenzi, 2012).

[2] Mi riferisco a ‘Regulae ad directionem ingenii’, lavoro incompiuto redatto in latino nel periodo 1619-1630.

[3] Le categorie, infatti, non sono ‘naturali’ ma ‘culturali’.

[4] Trattare gli altri come simili a sé.

[5] Vedi in particolare pp. 14-15, 120, 127, 131- 132, 140, 152-153, 343.

[6] Collegamento:  https://en.wikisource.org/wiki/Rules_for_the_Direction_of_the_Mind

[7] Collegamento: https://www.treccani.it/vocabolario/conoscenza/


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