Riflessioni: Quattro chiacchiere sull'intelligenza

Pubblicato il 27 giugno 2024 alle ore 22:26

 

 

  1. INTELLIGENZA: UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE

 

Il filosofo Immanuel Kant riteneva che l’intelligenza fosse la capacità di avere una coscienza di sé stabile; egli scrive: “Il fatto che l’uomo possa rappresentarsi il proprio Io lo eleva infinitamente al di sopra di tutti gli altri esseri viventi sulla terra. Per questo egli è una persona e, in forza dell’unità di coscienza persistente attraverso a tutte le alterazioni che possono toccarlo, egli è una sola e medesima persona […] e tale è anche quando egli non può ancor dire Io, perché lo ha nel pensiero [...] Ora tal facoltà (di pensare) è I’intelligenza.”[1] (Kant, 1921, p. 16)

 

Jeff Hawkins e Sandra Blakeslee, ritengono invece che la caratteristica fondamentale dell’intelligenza sia legata alla capacità di fare previsioni sul futuro; essi scrivono: “Il cervello utilizza enormi quantità di memoria per creare un modello del mondo. Tutto ciò che sai e hai imparato è memorizzato in questo modello. Il cervello utilizza questo modello basato sulla memoria per fare continue previsioni di eventi futuri. È la capacità di fare previsioni sul futuro il punto cruciale dell'intelligenza”[2] (2005, p. 6).

 

Alfred Binet[3], autore nel 1905 del primo test d’intelligenza, che nella sua seconda forma revisionata ‘Stanford-Binet’ del 1937, è probabilmente il reattivo più famoso ed utilizzato al Mondo, definiva l’intelligenza come: “buon senso, capacità di giudizio o <<capacità di adattarsi alle circostanze>>” (Magrini, 2020, p. 77)

 

Howard Gardner (1983) critica il concetto classico d’intelligenza, vista come geneticamente determinata ed univoca, attraverso la sua ‘Teoria delle intelligenze multiple’. L’intelligenza – o, meglio, le intelligenze –  sarebbe un potenziale biopsicologico che si forma grazie all’ambiente di sviluppo, portandoci a creare soluzioni ed oggetti in un dato modo.

 

Secondo l’autore ogni persona possiede almeno otto tipi d’intelligenza: linguistica; logico-matematica; corporeo-cinestetica; musicale; spaziale; naturalistica; interpersonale; intrapersonale.

 

In particolare, le ultime due riguarderebbero, rispettivamente, la comprensione di stati d’animo, emozioni e pensieri propri (intelligenza interpersonale) ed altrui: questa comprensione permetterebbe di aiutare o manipolare se stessi e gli altri nel prendere decisioni e risolvere problemi (Gardner, 1993).

 

Il vocabolario Treccani, nella sua forma in rete, riunisce queste varie prospettive, definendo l’intelligenza: “Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento; propria dell’uomo, in cui si sviluppa gradualmente a partire dall’infanzia e in cui è accompagnata dalla consapevolezza e dall’autoconsapevolezza, è riconosciuta anche, entro certi limiti (memoria associativa, capacità di reagire a stimoli interni ed esterni, di comunicare in modo anche complesso, ecc.), agli animali”[4] (s.d., 1. a.)

 

 

  1. INTELLIGENZA: UN TENTATIVO DI ORGANIZZAZIONE

 

La teoria psicometrica contemporanea più completa e supportata da evidenze riguardo al funzionamento dell’intelligenza è il ‘Modello Cattel-Horn-Carroll delle abilità cognitive’ (CHC)[5] (Flanagan e Dixon, 2014), ampliato da McGrew (1997) e Flanagan (McGrew e Flanagan, 1998).

 

CHC è un modello gerarchico suddiviso in strati, detti ‘Stratum’. lo strato superiore (Stratum III) contiene il fattore g., che rappresenta la capacità dell’individuo di gestire situazioni complesse. Nel livello intermedio (Stratum II) sono collogate otto intelligenze, ragionamenti riguardo a cose ed oggetti: intelligenza fluida; intelligenza cristallizzata; memoria e apprendimento; elaborazione visiva; elaborazione acustica; capacità di recupero; velocità cognitiva; velocità di elaborazione. In fine, il livello più profondo (Stratum I) riunisce i fattori primari, attività intellettuali specifiche che derivano dall’analisi dei risultati dei test standard come quello del ragionamento astratto (Gf), culturale (Gc), o spaziale (Gv).  (Fernàndez-Beccoral, 2021).

 

 

  1. INTELLIGENZA: UNA POSSIBILE SUDDIVISIONE

 

Peter Salovey e John D. Mayer (1990) hanno proposto d’includere nello ‘Stratum II’ del CHC una nuova categoria, quella delle intelligenze ‘calde’, in contrapposizione a quella delle intelligenze ‘fredde’[6].

 

Alice G. Brand definisce l’intelligenza calda come un ragionamento in cui il pensiero è influenzato – colorato – dal proprio stato emotivo (Brand, 1985-1986); al contrario, l’intelligenza fredda implica l’elaborazione senza coinvolgimento emotivo (Roiser e Sahakian, 2013).

 

Secondo Salovey e Mayer (op. cit.) le intelligenze fredde, cioè i ragionamenti riguardo alle cose, sarebbero quelli già annoverati nello strato intermedio, e ad essi andrebbero aggiunte le intelligenze ‘calde’, quelle che riguardano l’interazione con se stessi e gli altri: a quest’ultima categoria potrebbero afferire l’intelligenza emotiva e quella sociale.

 

Riguardo all’intelligenza sociale[7], cioè la capacità di relazionarsi in modo efficace con gli altri in tutti i tipi di relazioni,  va ricordato che la sua esistenza fu postulata per la prima volta da Edward Thorndike (1920).

 

Riguardo all’intelligenza emotiva (Salovey e Mayer, op. cit.) è la capacità di riconoscere le proprie emozioni e sfruttarle al fine di focalizzare l’attenzione, regolarne le manifestazioni, risolvere problemi ed adattarsi all’ambiente. Essa consta di quattro capacità:

  • riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui ed esprimere le proprie in maniera adeguata
  • sfruttare le emozioni per processare le informazioni in modo vantaggioso
  • distinguere le emozioni semplici da quelle complesse e classificarle
  • gestire le emozioni proprie ed altrui, senza negare o amplificare le informazioni.

 

L’intelligenza emotiva ci aiuta a sfruttare al meglio tutte le nostre emozioni, ad adattarci meglio all’ambiente ed a godere di una salute mentale migliore. Inoltre, chi presenta livelli più alti d’intelligenza emotiva, risulta maggiormente in grado di lavorare in collaborazione (Fernàndez-Beccoral, op. cit.)

 

 

  1. INTELLIGENZA: UNA POSSIBILE EVOLUZIONE

 

L’intelligenza, in qualsiasi sua forma, non è qualcosa di statico ed immutabile: essa può essere migliorata, evolvere.

 

Pensiamo ad esempio ai training formativi d’intelligenza emotiva o al suo accrescimento durante la psicoterapia. I lavori sull’intelligenza emotiva procurano vantaggi stabili, diretti ed indiretti, a tutte le età, anche in presenza di psicopatologia grave. Alcuni vantaggi diretti sono la migliore capacità di percezione, comprensione e controllo delle emozioni; i vantaggi indiretti sono rappresentati dall’aumento della felicità, della salute e della qualità delle relazioni sociali, oltre che dalla modifica in positivo di alcuni tratti di personalità (Fernàndez-Beccoral, op. cit.).

 

Perché questi vantaggi siano più importanti, nell’ambito dei training dedicati, è necessario avere come base teorica il modello di Salovey e Mayer[8] (op. cit.), che si focalizza sul miglioramento di percezione, espressione e regolazione consapevole delle emozioni; è inoltre necessario vivere in modo esperienziale le competenze acquisite, in modo creativo e ludico, sotto la supervisione dei professionisti (Fernàndez-Beccoral, op. cit.).

 

Riguardo alla psicoterapia, quest’ultima, pur lavorando individualmente col cliente sulla sua esperienza di vita in modo profondo ed a tutto tondo, dedicherà comunque del tempo di qualità nel lavoro sull’intelligenza emotiva, all’interno di una cornice più ampia e completa.

 

Ciò che più conta, al fine di poter accrescere la nostra intelligenza – le nostre intelligenze – è la nostra mentalità.

 

Carol Dweck (2006) suddivide le persone in due categorie, a seconda della loro idea d’intelligenza: entitaria o dinamica. Chi segue la teoria entitaria ha un mindset statico, ritiene cioè che l’intelligenza sia un tratto fisso ed immutabile; chi segue una teoria incrementale ha un mindeset dinamico, ossia pensa che l’intelligenza possa essere sviluppata.  Ancora, chi ha un mindset statico considera negativamente l’impegno: se tutto è già scritto, si deve essere capaci di far fronte ad un compito senza problemi. Chi ha un mindset dinamico vede nell’impegno la chiave verso il miglioramento dell’intelligenza (Covington e Omelich, 1979).

Alla teoria entitaria corrispondono obiettivi di prestazione, a quella incrementale obiettivi di padronanza.

 

Chi persegue obiettivi di prestazione di fronte ad un insuccesso metterà in discussione la propria intelligenza, dimenticando delle eventuali prestazioni precedenti in cui ha avuto successo, e la sua volontà di impegnarsi diminuirà; al contrario,  chi persegue obiettivi di padronanza vede l’insuccesso come parte del percorso; una parte che non fa diminuire la fiducia nelle proprie capacità, ma aumentare l’impegno (Covington, 1992), col senso di realtà di capire quando fermarsi, perché un compito richiede competenze superiori a quelle possedute in quel momento (Janoff-Bulman & Brickman, 1981). In fine, chi ha obiettivi prestazionali, tenderà ad attribuire la causa dell’insuccesso a fattori esterni, mentre chi ha obiettivi di padronanza, a fattori interni (Dweck e Elliot, 1983).

 

Nessuno di questi obiettivi va di per sé demonizzato: bisognerebbe piuttosto conoscerli, verificare a quale siamo spontenamente portati, ed utilizzarli a seconda delle situazioni (Ames & Archer, 1988), poiché di per sé tendere verso gli uni o gli altri non è una condanna immutabile, piuttosto credere di poter progredire – ampliare le proprie possibilità – insieme ad impegno e senso di realtà, farà sì che possiamo raggiungere sempre nuovi obiettivi.

 

Come scrive Marco Magrini: “il cervello diventa più intelligente se crede di poter diventare più intelligente.” (op. cit., p. 78)

 

 

  1. INTELLIGENZA: UNO SPUNTO

 

Il termine ‘intelletto’ – così come il suo sinonimo ‘intelligenza’ – deriva dal latino ‘intellectus’, dal verbo ‘intellegere’, composto da ‘inter‘ (tra) + ‘legere’ (scegliere)[9] (Weekley, 1921); un’altra possibilità è che derivi da ‘intus’ (entro) + ‘legere’[10] (Pianigiani, 1907).

 

Si tratti di ‘tra’ o ‘entro’, in ambo i casi l’etimologia ci parla di un’azione da compiere attivamente, di qualcosa che richiede impegno.

 

Essere più o meno predisposti all’uso della logica, alla produzione linguistica, a compiere movimenti coordinati, a gestire lo spazio, a comprendere le leggi naturali, se stessi o gli altri, è solo l’inizio della storia: l’essere ‘portati per’ ci permette solo la ragionevole previsione che, se ci impegneremo a coltivare quel talento, otterremo degli ottimi risultati.

 

Non impegnarsi, per poi dirsi che sicuramente si sarebbe potuto fare di più se ci si fosse messi di buzzo buono, è una strategia che riesce a salvaguardare la nostra immagine di noi stessi sul momento, ma che alla lunga non ci permette di migliorare (Zuckerman, Kieffer & Knee, 1998).

 

Se poi non siamo interessati ad andare avanti – a meglio comprendere i nostri limiti ed eventualmente superarli – la cosa migliore che possiamo fare per noi stessi è riconoscerlo, prendendocene la responsabilità, senza scuse né invidie: anche questo è crescere.

 

In Europa occidentale viviamo in tempi assai avanzati dal punto di vista sociale e tecnologico, eppure quest’era prodigiosa di società meravigliose sembra toglierci il tempo per conoscere noi stessi, gli altri, il mondo, con tutte le capacità ed i limiti e, soprattutto, sembra offrire l’idea pericolosa che, come i robot, si ‘nasca’ con delle specifiche abilità, che resteranno immutate tutta la vita: un robot, appena uscito di fabbrica può essere subito messo alla prova, se è difforme dalle attese allora è ‘difettoso’ e va ricondizionato o distrutto.

 

La vita evolve, si modifica, favorisce la nascita e la morte di sempre nuove forme, frutto di mutazioni che a volte offrono vantaggi adattivi. Così i singoli organismi imparano, crescono, mutano, si adattano: un essere vivente – soprattutto le specie, come quella umana, che tanto apprendono dall’ambiente sociale[11] e dai propri errori[12] – nasce non perfettamente uguale all’adulto della stessa specie, ed affrontando la vita mette in atto più o meno bene schemi istintivi e/o schemi appresi al fine di andare avanti: ai viventi va dato tempo – dobbiamo dare e darci tempo – per esprimersi.

 

Credo che conoscersi e conoscere, esplorando le proprie potenzialità e desideri, investendo nelle due forme d’intelligenza che i mezzi di comunicazioni più ci indicano indirettamente come carenti  nella nostra società, logica ed intelligenza emotiva rispettivamente, e prendersi tempo per capire, per mettersi in gioco, per approfondire, possano davvero contribuire allo sviluppo – in qualsiasi periodo della vita – di quella capacità di adattamento del soggetto al contesto e del contesto al soggetto che è l’essenza dell’intelligenza.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Ames, C. & Archer, J. (1988). Achievement goals in the classrom: Students’ learning strategies and motivation processes. Journal of educational Psychology, 80(3), pp. 260-267.
  • Brand, A. G. (1985–1986). Hot cognition: Emotions and writing behavior. Journal of Advanced Composition. 6: pp. 5–15.
  • Covington, M. V. (1992). Making the grade: A self-worth perspective on motivation and school reform. Cambridge University Press. Cambridge.
  • Covington, M. V. & Omelich, C. L. (1979). Effort: The double-edged sword in school achievement. Journal of Educational Psychology, 71(2), pp. 169-182.
  • Dweck, C. S. (2006). Mindset: The new Psychology of success. Random house. New York.[13]
  • Dweck, C. S. & Elliot, E. S. (1983). Achievement motivation. In P. H. Mussen; Markman, E. M. & E. M. Hetherington (a cura di), Handbook of child Psychology (Vol.4, pp. 643-691). New York.
  • Fernàndez-Beccoral, P. (2021). Intelligenza emotiva: imparare a gestire le emozioni (trad. it. del materiale originale del 2017, Annachiara Cavallone). Emse. Milano. [14]
  • Flanagan, D. P. and Dixon, S. G. (2014). The Cattell-Horn-Carroll Theory of Cognitive Abilities. In Encyclopedia of Special Education (eds Reynolds, C.R.; Vannest, K. J. and Fletcher-Janzen E.). John Wiley & Sons. New York.[15]
  • Gardner, H. E. (1983). Frames of Mind: The theory of multiple intelligences. Basic Books. New York.
  • Gardner, H. E. (1993). Multiple intelligences: The theory in practice. Basic Books. New York.
  • Hawkins, J. & Blakeslee, S. (2005). On intelligence. Originally published by Times Books (2004). Owl books. New York.
  • Janoff-Bulman, R. & Brickman, P. (1981). Expectations and what people learn from failure. In N. T. Feather,Expectancym incentive, and action, pp. 207-237.[16]
  • Kant, E. (1921). Antropologia prammatica. Prima traduzione italiana con introduzione e note di Giovanni Vidari dell’originale (1798). Paravia & Company. Torino.
  • Magrini, M. (2020). Cervello: Manuale dell’utente. Quarta ristampa della prima edizione (2017). Firenze.
  • McGrew, K. S. (1997). Analysis of the major intelligence batteries according to a proposed comprehensive Gf-Gc framework. In D. P. Flanagan, J. L. Genshaft, & P. L. Harrison (Eds.), Contemporary intellectual assessment: Theories, tests, and issues (pp. 151–180). Guilford Press. New York (NY).
  • McGrew, K. S., & Flanagan, D. P. (1998). The Intelligence Test Desk Reference (ITDR): Gf-Gc cross-battery assessment. Allyn & Bacon. Boston (MA).
  • Pianigiani, O. (1907). Vocabolario etimologico della lingua italiana. Società Editrice Dante Alighieri. Roma – Milano.[17]
  • Roiser, J.P. & Sahakian, B.J. (2013). Hot and cold cognition in depression. CNS Spectrums. 18 (3): pp. 139–149.
  • Salovey , P. e Mayer, J. D. (1990). Emotional intelligence. Imagination, Cognition and Personality. 9(3), 185-221.
  • Thorndike, E. L. (1920). Intelligence and its use. Harper’s Magazine, 140. pp. 227-234.
  • Weekley, E. (1921). An etymological dictionary of modern English. J. Murray. London.[18]
  • Zuckerman, M.; Kieffer S. C. & Knee, C. R. (1998). Consequences of self-handicapping: Effects on coping, academic performance, and adjustment. Journal of personality and social Psychology, 74(6), pp. 1619-1628.

 

 

SITOGRAFIA

 

  • Treccani (s.d.). Intelligènza. Vocabolario on line.[19]

 

 

 

 

 

[1] Traduzione dall’originale tedesco a cura di Gianni Vidari.

[2] Traduzione mia del passaggio: “The brain uses vast amounts of memory to create a model of the world. Everything you know and have learned is stored in this model.  The brain uses this memory-based model to make continuous predictions of future events. It is the ability to make predictions about the future that is the crux of intelligence”.

[3] Per approfondimenti, suggerisco: https://www.treccani.it/enciclopedia/alfred-binet/

[4] Qui è erronemanete scritto ‘agli animali’, mentre avrebbe dovuto esserci scritto ‘agli altri animali’. Ricordiamo che la nostra specie, pur con le sue peculiarità, è e rimane una specie animale. Per approfondimenti, suggerisco:

  • https://www.sciencefocus.com/the-human-body/are-humans-animals
  • https://factmyth.com/factoids/humans-are-animals/
  • https://disf.org/educational/faq/colage-differenza-uomo-animali

[5] Per approfondimenti, suggerisco:  

  • Flanagan, D. P. & Harrison, P. L. (2005). Contemporary intellectual assessment: Theories, tests, and issues. (2nd Edition). The Guildford Press. New York.
  • (In particolare ‘The First Generation of CHC Theory’): https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/9781118660584.ese0431
  • Flanagan, D. P. and Dixon, S. G. (2014). The Cattell-Horn-Carroll Theory of Cognitive Abilities. In Encyclopedia of Special Education (eds Reynolds, C.R.; Vannest, K. J. and Fletcher-Janzen E.) : https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/9781118660584.ese0431

[6] Per approfondimenti, suggerisco: https://www.researchgate.net/publication/292676081_Integrating_Hot_and_Cool_Intelligences_Thinking_Broadly_about_Broad_Abilities

[7]  Per approfondimenti, suggerisco:

  • https://www.socialigence.net/blog/social-intelligence-in-research/
  • https://www.researchgate.net/publication/346787434_Social_Intelligence

[8] Per approfondimenti, suggerisco: https://lamenteemeravigliosa.it/salovey-e-mayer-intelligenza-emotiva/#google_vignette

[9] Per approfondimenti, suggerisco: https://www.etymonline.com/it/word/intelligence#etymonline_v_9381

[10] Per approfondimenti, suggerisco: https://www.etimoitaliano.it/2010/11/etimologia-della-parola-intelligenza.html

[11] Per approfondimenti, suggerisco:

(in particolare, paragrafo 1) https://materia-grigia.webador.it/1474497_una-farfalla-dalle-ali-circonvolute-perche-la-psicoterapia-funziona-sul-cervello

(in particolare, paragrafo 2) https://materia-grigia.webador.it/1290850_un-animale-naturalmente-culturale-quando-la-psicoterapia-incontra-l-evoluzionismo

[12] Per approfondimenti, suggerisco: https://materia-grigia.webador.it/1443472_riflessioni-commettere-errori

[13] Collegamento: https://pdfroom.com/books/mindset-the-new-psychology-of-success/Pe5xQzMWdnN

[14] Si vedano, in particolare, pp. 30-33.

[15] Collegamento: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/9781118660584.ese0431

[16] Collegamento: https://www.researchgate.net/publication/309282242_Expectations_and_what_people_learn_from_failure

[17] Si veda p. 704, voce ‘intelletto’.

[18] Si veda p. 763, voce ‘intellect’.

[19] Collegamento: https://www.treccani.it/vocabolario/intelligenza/