Riflessioni: Di pesci, cura e pazienza

Pubblicato il 31 luglio 2024 alle ore 00:42

 

 

“che cos’è l’uomo,

perché tu ne abbia cura […]?”[1]

(Diodati, 1607, p. 558)

 

 

Nel libro del 1980 ‘Fearfully and wonderfully made’, il chirurgo Paul W. Brand scrive: “Una mattina, mentre lavoravo da solo in soffitta, mi sono imbattuto in alcune scatole di scheletri dissotterrati in un monastero. Ciò mi ha riportato alla mente una conferenza tenuta dall’antropologa Margaret Mead, che ha trascorso gran parte della sua vita studiando le culture primitive. Ella domandò: ‘Qual è il primo segno di civiltà?’ Un vaso di terracotta? Del ferro? Degli utensili? L’agricoltura? No, affermò. Secondo lei la prima vera prova di civiltà era un femore guarito, un osso della gamba, che teneva dinanzi a noi in aula. Ella spiegò che tali guarigioni non sono mai state trovate nei resti di società competitive e selvagge. Lì abbondavano indizi di violenza: ossa temporali trafitte da frecce, teschi schiacciati da mazze. Ma il femore guarito mostrava che qualcuno doveva essersi preso cura della persona ferita: doveva avere cacciato per lei, portatole del cibo, e servitala con sacrificio. Le società selvagge non potevano permettersi queste forme di pietà.”[2] (Brand e Yancey, 1992, p. 70)

 

Secondo Gideon Lasco (2022) questo passaggio, la cui citazione della Mead è dubbia[3] – non riportando le fonti, presentando dei problemi concettuali in ambito antropologico e contraddicendo quanto da ella affermato in almeno una intervista[4] – sarebbe alla base di un testo che, in differenti lingue e forme, da anni fa il giro della rete, tanto su pagine virtuali di privati, quanto su riviste e blog professionali.

 

Riporto, a titolo d’esempio, parte di una delle molteplici versioni in lingua italiana: “Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.” (Festa, 2022)

 

In realtà nel regno animale sono documentate guarigioni di fratture al femore (King, 2021), così come ad esempio alla mandibola[5] in soggetti adulti, ed esistono le più ampie evidenze che differenti specie animali, sociali o meno, si prendono cura dei propri piccoli (Wrage, 2022).

 

Guardando solo al campo ristretto del genere ‘Homo’ – il nostro genere – troviamo evidenze fossili di soggetti, sia adulti che fanciulli, sopravvissuti per lungo tempo ad importanti menomazioni, in tempi ed ambienti che tutto dovevano essere tranne che facili.

 

Ne è un esempio ‘Dmanisi 4’ un maschio adulto di Homo georgicus che al momento della morte, circa 1 milione e 800mila anni fa, aveva sono un dente in bocca: qualcuno doveva avere provveduto a sminuzzargli il cibo, magari masticandolo per lui (Barbujani, 2024).

 

Un altro esempio è dato da ‘Shanidar I’, un Homo neanderthalensis morto intorno ai 40 anni, età già ragguardevole all’epoca per un soggetto sano: Shanidar I aveva il cranio deformato, era cieco e sordo da un lato, non poteva camminare, e gli mancava l’avambraccio destro (ivi).

 

Passando ai piccoli, a Sima de lo Huesos, nella Sierra de Atapuerca (Spagna), è stato ritrovato il cranio deforme di un bambino di circa 430mila anni fa, appartenente alla specie Homo heidelbergensis, affetto da craniosinostosi[6], una malattia dello sviluppo estremamente invalidante, frutto probabilmente di un trauma in utero: a dispetto di questa pesantissima patologia, il piccolo sopravvisse fino all’età di 5 anni (ivi).

 

In fine esistono i resti di un piccolo Homo neanderthalensis sordo e forse affetto da Sindrome di Down che riuscì a sopravvivere fino a circa 6 anni, tenendo conto della necessità, a causa dei suoi problemi, di essere seguito da più di un membro del suo gruppo d’origine (Conde-Valverde, 2024).

 

Questi esempi ci ricordano quanto il comportamento altruistico – che in specie sociali come quelle degli scimpanzé sembra comparire piuttosto precocemente (Girotto e colleghi, 2021) – non sia esclusivo appannaggio di noi esseri umani, bensì una strategia diffusa.

 

Secondo Charles Darwin (1871), la selezione ha premiato nelle specie con strutture sociali complesse caratteristiche come la generosità, perché esse permettevano di ottenere relazioni più forti ed una speranza di vita maggiore per i membri.

 

Egli stesso riconosceva che ciò a prima vista sembra controintuitivo: l’individuo altruista consuma per altri energie che potrebbe sfruttare per la propria sopravvivenza. Va però tenuto conto che lì dove l’altruismo si diffonde, chi un giorno si è speso per gli altri, se e quando avesse bisogno di aiuto, ne troverà: a vincere è la collettività, che così si rafforza[7].

 

Vi è però un secondo elemento controintuitivo che mi preme sottolineare, soprattutto perché sembra che lo si tenga raramente in gran conto: per prendersi cura in modo efficace degli altri, bisogna prendersi cura in modo efficace di sé stessi.

 

Pensiamo all’adagio cinese, noto anche alle nostre latitudini: “Da’ ad un uomo un pesce ed egli avrà cibo per un giorno [tre pasti]; insegna ad un uomo a pescare, ed egli avrà una capacità da usare per tutta la vita.”[8] (Herzberg ed Herzberg, 2012, p. 13)

 

 Alcuni di noi preferiscono ‘pescare’ per brevi o lunghi periodi, per una o più persone, rendendosi di fatto necessari.

 

Farlo, se prima non si è valutato perché lo stiamo facendo e quanto l’altro può essere in grado di fare da sé, significa sottomettersi ad un impegno gravoso che in alcuni casi non ammette neppure la possibilità di ammalarsi; quando poi la stanchezza prenderà il sopravvento tutta d’un colpo, avremo un pescatore impossibilitato a pescare, ed un pupillo affamato che non sa come procacciarsi il cibo. 

 

Dal canto suo, chi viene ‘nutrito’ può decidere di stare a questo gioco nel quale l’autonomia viene barattata con la comodità, oppure impegnarsi in direzione della crescita, secondo le proprie capacità: anche il suo modo di curare sé stesso dovrà passare attraverso delle domande su cosa vuole e cosa può.

 

Accudire è faticoso, sia dal punto di vista fisico che mentale, richiede pazienza e se è vòlto alla crescita di chi si accudisce, lo è ancora di più: parliamoci francamente, se pratichiamo abitualmente la pesca ci risulta molto meno faticoso pescare per qualcuno che impegnarci nell’insegnargli ed assisterlo durante i suoi tentativi.

 

Domandare a noi stessi perché accudiamo chi accudiamo, quanto quest’ultimo è in grado di fare, di sopportare, quanto noi siamo in grado di resistere alla sensazione di ‘essere inutili’ se non rispondiamo subito ad un lamento, o alla paura di essere abbandonati se non siamo  pronti a servire l’altro al minimo comando e, ancora peggio, se quest’ultimo impara a cavarsela, non è facile ma ci serve a comprendere cosa ci spinge a fare ciò che spontaneamente facciamo ed a cercare di modificarlo, se non ci piace. 

 

Solo una volta indagati i nostri perché saremo liberi di decidere se mantenere la vecchia strada o cercarne una nuova, prendendocene la responsabilità: qualunque sia la direzione verso la quale navigheremo, non saremo più in balia del vento.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Barbujani, G. (2024). Come eravamo: Storie dalla grande storia dell’uomo. Riedizione dell’originale del 2022. Laterza. Bari.
  • Brand, P. W. & Yancey, F. (1992). Fearfully and wonderfully made. First published 1980. London.
  • Diodati, G. (a cura di) (1607). La Bibbia: cioè i libri del vecchio e del nuovo testamento. Jean De Tournes. Lione.
  • Girotto, V.; Pievani, T.; Vallortigara, G. (2021). Nati per credere: perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin. Torino.
  • Herzberg, Q. X. & Herberg, L. (2012). Chinese proverbs and popular sayings. With observations on culture and language. Stone Bridge Press. Berkley (CA).
  • King, C. (2021). Survival of femur fractures in wild stoats (Mustela erminea). Animal Welfare, 30(4), pp. 461-466.[9]

 

 

SITOGRAFIA

 

  • Conde-Valverde, M. et al. (2024). The child who lived: Down syndrome among Neanderthals? Science Advances, 10(26).[10]
  • Darwin, C. R. (1871). The descent of Man, and selection in relation to sex. London.[11]
  • Festa, G. (2022). Il femore rotto e l’antropologa Margaret Mead. Resta solo la filosofia.[12]
  • Lasco, G. (2022). Did Margaret Mead think a healed femur was the earliest sign of Civilization? Sapiens (16 Jun. 2022).[13]
  • Wrage, B. (2022). Caring animals and care ethics. Biology & Philosophy, 37(3):18.[14]

 

 

 

 

 

 

 

[1] Mio adattamento in italiano moderno della traduzione dall’ebraico biblico ad opera di Giovanni Diodati del passo del salmo 144 (terzo versetto): “che cosa è l’huomo, che tu ne habbi cura […]?”.

[2] Traduzione e adattamento miei dell’originale: “One morning, working alone in the attic, I came across some boxes of skeletons that had been dug up from a monastery. I was soon to be reminded of a lecture given by anthropologist Margaret Mead, who spent much of her life studying primitive cultures. She asked the question, ‘What is the earliest sign of civilization?’ A clay pot? Iron? Tools? Agriculture? No, she claimed. To her, evidence of the earliest true civilization was a healed femur, a leg bone, which she held up before us in the lecture hall. She explained that such healings were never found in the remains of competitive, savage societies. There, clues of violence abounded: temples pierced by arrows, skulls crushed by clubs. But the healed femur showed that someone must have cared for the injured person — hunted on his behalf, brought him food, and served him at personal sacrifice. Savage societies could not afford such pity.”

[3] Per approfondimenti, suggerisco:

  • https://www.snopes.com/fact-check/margaret-mead-healed-femur/
  • https://quoteinvestigator.com/2021/07/25/femur/

[4] Ecco il collegamento ad un’intervista a Margaret Mead, nella quale l’antropologa indica quali sono secondo lei i i segni dell’inizio della civiltà (si veda in particolare p. 22), molto diversi da quelli che indicati da Brand : https://www.berghahnbooks.com/downloads/chapters/MeadStudying_Ch02.pdf?trk=public_post_comment-text

[5] Osservate come questa leonessa con la mandibola rotta viene aiutata a nutrirsi: https://www.youtube.com/watch?v=mUcW8sa4Dd8&t=91s

[6] Per approfondimenti, suggerisco: https://www.msdmanuals.com/it/professionale/pediatria/anomalie-craniofacciali-e-muscoloscheletriche-congenite/craniosinostosi

[7] Per approfondimenti, suggerisco: https://plato.stanford.edu/entries/altruism-biological/#:~:text=From%20a%20Darwinian%20viewpoint%2C%20the%20existence%20of%20altruism,of%20survival%20and%20reproduction%2C%20not%20those%20of%20others.

[8] Traduzione mia de: “Give a man a fish, and he’ll have food for a day [three meals]; teach a man to fish, and he’ll have a skill to use all his life.”

[9] Collegamento: https://www.cambridge.org/core/services/aop-cambridge-core/content/view/83F1C03390978A0A0D3C8BADBB9401AB/S0962728600009647a.pdf/survival_of_femur_fractures_in_wild_stoats_mustela_erminea.pdf

[10] Collegamento: https://www.science.org/doi/epdf/10.1126/sciadv.adn9310

[11] Collegamento (per una parziale consultazione): https://archive.org/details/descentofmansele21871darw/mode/2up

[12] Collegamento: https://restasololafilosofia.blogspot.com/2022/06/il-femore-rotto-e-lantropologa-margaret.html

[13] Collegamento: https://www.sapiens.org/culture/margaret-mead-femur/

[14] Collegamento: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9135829/


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