- Introduzione
Col trascorrere del tempo e l’aumentare della conoscenza, la psicoterapia evolve.
Dalla sua nascita ad oggi, essa è passata da uno schema positivista, secondo il quale ogni essere umano è destinato a vivere ed interagire obbedendo al proprio retaggio biologico, psicologico e/o sociale, ad uno schema pragmatico, che vede il soggetto come costruttore della propria realtà, attraverso le interazioni con se stesso, gli altri ed il mondo: l’uomo non agisce meccanicamente secondo la propria eredità genetica, psicologica o sociale, ma la trasforma, interpreta, elabora in modo del tutto personale (Nardone e Salvini, 2023).
A tal proposito, mi piace citare l’articolo ‘We make our own World’, apparso sul ‘The Cincinnati Enquirer dello 07.01.1928, ad opera di Harry Granison Hill: “La stessa strada e lo stesso mondo producono reazioni diverse su individui diversi. Il grande modificatore è il sé. È quindi più che un luogo comune affermare che il mondo interiore modifica e modella il mondo esteriore. Chiunque desideri cambiare il proprio ambiente e le proprie condizioni esteriori può farlo cambiando il proprio atteggiamento interiore”.[1] (1928, p.4)
Il lavoro di aiuto alla comprensione dei meccanismi di funzionamento del cliente, prima fase necessaria – ma non sufficiente[2] – per un cammino di presa di responsabilità ed eventuale cambiamento, che avviene principalmente attraverso l’uso del colloquio clinico[3], in forma dialogica (Nardone e Salvini, op. cit.), dovrebbe svilupparsi – a mio avviso – tenendo sempre presenti tre temi, che andrò di seguito brevemente a descrivere: percezione; privazione; soluzione.
- Percezione
Noi esseri umani non percepiamo e registriamo gli eventi così come avvengono – come potrebbe fare ad esempio una fotocamera – ma in un modo del tutto personale. Scriveva Anais Nin: “Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.”[4] (1961, pg. 145)
In un secondo tempo, quando quegli eventi li ricordiamo, i meccanismi della memoria[5] – che sono ricostruttivi, e non riproduttivi - complicano ulteriormente le cose, facendoci ricordare in un certo modo, del tutto in buona fede, cose avvenute talvolta in maniera totalmente diversa, se non addirittura mai avvenute[6] (Roediger e McDermott, 1995).
È celebre la lettera del 21.09.1897, nella quale Sigmund Freud (1950) scrive a Wilhelm Fliess di non credere più, avendo avuto la possibilità di effettuare controlli, a taluni pazienti nevrotici che gli avevano raccontato di abusi subiti in età infantile.
I pazienti di Freud mentivano perfettamente in buona fede sulle proprie esperienze ma non sui sintomi - questi ultimi genuini - che sviluppavano in ragione di tali esperienze immaginate. Essi, come tante altre persone, semplicemente si comportavano in accordo con il postulato, enunciato da Thomas e Thomas qualche anno dopo, secondo il quale: “Se gli uomini definiscono delle situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze.”[7] (1928, p.572)
Per tale ragione, la modifica del proprio comportamento parte necessariamente da un cambiamento di punto di vista, che con impegno può produrre un modo differente di percepire. (Nardone e Salvini, op. cit.).
- Privazione
Esistono due tipi di privazione: assoluta e relativa. Quando parliamo di ‘privazione assoluta’ ci riferiamo alla mancanza oggettiva da parte di un individuo del necessario per vivere; il concetto di ‘privazione relativa’ si riferisce invece alla discrepanza percepita da un individuo tra ciò che egli possiede e ciò che ritiene gli spetti, tra come vanno le cose e come secondo lui dovrebbero andare: è questo tipo di privazione a generare insoddisfazione[8] (Stouffer e colleghi, 1949).
Scrive Paul Watzlawick in merito agli assistiti: “chi viene a cercare aiuto da noi soffre in una qualche maniera del suo rapporto con il mondo. […] egli soffre per la sua immagine del mondo, per la contraddizione irrisolta fra il modo in cui le cose sono e come, secondo la sua immagine del mondo, dovrebbero essere.” (2022, p. 45)
Per tale ragione non è opportuno contrastare le convinzioni dell’individuo, bensì guidarlo, attraverso domande mirate, a scoprire e vagliare le alternative al suo modo di pensare e valutare (Nardone e Salvini, op. cit.).
- Soluzione
Ogni individuo, in risposta ai problemi che intervengono nella vita, mette in atto spontaneamente dei comportamenti volti a ristabilire l’equilibrio nel suo rapporto con se stesso, gli altri e/o il mondo. Tali risposte possono essere più o meno sane; le soluzioni meno sane, pur tamponando talvolta – in dati periodi e contesti – il problema, finiscono per alimentarlo (Watzlawick e colleghi, 1974).
Per questa ragione la psicoterapia si focalizza sempre meno sul ‘perché’ e sempre più sul ‘come’: le motivazioni per le quali un essere umano reagisce alle sollecitazioni interne ed esterne sono assai meno rilevanti, nell’ambito del suo benessere mentale, dei meccanismi di tali reazioni. È infatti attraverso lo studio dei meccanismi - non già delle origini - di un comportamento, che si può intervenire per modificarlo (Nardone e Salvini, op. cit.).
- Conclusione
La psicoterapia ha come obiettivo quello di aiutare l’altro ad assumersi con maggiore senso di realtà le proprie responsabilità e riconoscere le proprie capacità (Benasayag e Schmit, 2003). Essa raggiunge il suo scopo producendo una esperienza emozionale correttiva (Nardone e Salvini, op. cit.) passante attraverso il ‘far saltare le illusioni’ che ciascuno ha sulla propria visione del mondo (Watzlawick , op. cit.).
Per fare ciò, la psicoterapia tiene accuratamente conto del singolo individuo nella sua unicità, adattandogli addosso – come farebbe un sarto con un vestito – le tecniche generali di aiuto. Indagare come l’altro percepisce il mondo, cosa ritiene esso gli debba e quali soluzioni mette in atto per sopravvivere, sono momenti necessari per costruire l’abito giusto ed infliggere quella giusta quota di dolore buono che ci rafforza e ci fa crescere.
BIBLIOGRAFIA
- Benasayag, M.; Schmit, G. (2003). Les passions tristes: Souffrance psychique et crise sociale. La Découverte. Paris.
- Freud, S. (1950). Aus den Anfängen der Psychoanalyse: Briefe an Wilhelm Fliess, Abhandlungen und Notizen aus den Jahren 1887-1902. Imago Publishing. London.[9]
- Granison Hill, H. (1928) We make our own World. The Cincinnati Enquirer. January 7.
- Nardone, G. & Salvini, A. (2023). Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolutive per il cambiamento. Sesta ristampa della nuova edizione (2018) dell’originale (2004). Ponte delle grazie. Milano.
- Nin, A. (1961). Seduction of the Minotaur. Ed. Peter Owen Limited. London.
- Roediger, H. L. & McDermott, K. B. (1995). Creating false memories: Remembering words not presented in lists. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition, 21, pp. 803–814.
- Stouffer, S. A.; Suchman, E. A.; Devinney, L. C.; Star, S. A. & Williams, R. M. Jr. (1949). The American soldier: adjustment during army life. (Studies in social psychology in World War II). Princeton University Press. Princeton (NJ).
- Thomas, W.I; Thomas, D.S. (1928). The child in America: Behavior problems and programs. Knopf. New York.
- Watzlawick, P.; Weakland, J. H. & Fish, R. (1974). Change: Principles of problem formation and problem resolution. New York.[10]
- Watzlawick, P. (2022) Il linguaggio del cambiamento: Elementi di comunicazione terapeutica. Feltrinelli. Milano.[11]
[1] Traduzione mia de: “The same road and the same world produce different reactions upon different individuals. The great modifier is self. It is therefore more than a platitude to say that the world within modifies and shapes the world without. Anyone who desires to change his environment and outer conditions may do so by changing his inner attitude.”
[2] Scrivono Giorgio Nardone ed Alessandro Salvini:“È un’antica illusione degli esseri umani pensare che se si capisce una cosa si potrà cambiarla, ogni giorno questa illusione viene smentita.” (2023, p. 35)
[3] Il colloquio clinico, diversamente da quanto spesso creduto dai non addetti ai lavori, è una tecnica terapeutica vera e propria, con le sue regole, i suoi meccanismi ed obiettivi. Ad esso sono affiancati, a seconda della bisogna e del modello di riferimento, reattivi ed esercizi. Per approfondimenti suggerisco: https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/scienze_della_vita/Dialogo/Calogero_ISUFI_Dialogo_come_strumento_terapeutico.html
[4] Traduzione mia del passaggio della novella ‘Seduction of the Minotaur’: “We do not see things as they are, we see them as we are”.
[5] Per approfondimenti sulla memoria, suggerisco: https://materia-grigia.webador.it/1516507_pillole-di-memoria
[6] Per approfondimenti sui falsi ricordi, suggerisco:
- https://materia-grigia.webador.it/1316709_pillole-di-falsi-ricordi
- https://www.stateofmind.it/2023/04/falsi-ricordi-alterare-memoria/
[7] Traduzione mia de: “If men define situations as real, they are real in their consequences”.
[8] Per approfondimenti, suggerisco:
- https://www.researchgate.net/publication/338050587_Relative_Deprivation_Theory_Advances_and_ApplicationsAdvances_and_Applications#:~:text=Relative%20deprivation%20(RD)%20is%20the%20product%20of%20an
- https://www.oxfordreference.com/display/10.1093/oi/authority.20110803100412625
[9] Collegamento: https://archive.org/details/b3135287x/mode/2up?view=theater
[10] Vedi in particolare: ‘Part two: Problem formation’, pp. 29-74.
[11] Sedicesima edizione della prima ampliata (2004) dell’originale ‘Die Moglichkeit des Andersseins, zur Technik der Therapeutischen Kommunikation’ (1977). Traduzione dal tedesco di Lucia Cornalba. Adattamento ampliamento ed aggiornamento della versione italiana rispetto alla tedesca, a cura di Paul Watzlawick.
Crea il tuo sito web con Webador