Pillole di ... Omogenitorialità

Pubblicato il 14 giugno 2023 alle ore 14:15

 

Negli ultimi anni, nel mondo sono drasticamente aumentate le famiglie composte da individui omosessuali, travestiti, transessuali. Quest’ occorrenza ha spinto i ricercatori ad interrogarsi sulle nuove prospettive riguardo al tema della famiglia e della parentela (Zambrano, 2006).

 

Il tipo di famiglia nucleare ‘padre maschio eterosessuale, madre femmina eterosessuale, bambini’ è visto come la più naturale delle istituzioni, in particolar modo dalla cultura occidentale moderna, ma a ben vedere gli antropologi hanno dimostrato che essa non rappresenta la sola esistente. Addirittura, se guardiamo alla struttura familiare in modo temporale oltre che spaziale, vediamo che perfino nello stesso luogo, in epoche diverse, si sono potute vedere differenti incarnazioni dell’idea di famiglia.

 

In effetti, il legame tra un adulto e un bimbo, che è alla base della famiglia, può essere scorporato in quattro elementi: un legame biologico, basato sull’origine genetica del bimbo; un legame di parentela, che determina una relazione genealogica; un riconoscimento legale del legame in accordo con le leggi del luogo; l’esercizio delle funzioni parentali da parte dell’adulto. Il fatto che questi elementi possano essere combinati in vari modi rende lo spettro di possibilità assai ampio (Zambrano, op. cit.).

 

In definitiva, come fanno notare Gross e colleghi (2005), sebbene le norme in materia di affiliazione mirino a istituzionalizzare i rapporti all’interno della specie umana, i criteri che regolano quest’affiliazione variano da società a società e perfino da epoca a epoca all’interno della stessa società.

 

La genitorialità, quindi, non è sinonimo di parentela o affiliazione, e può essere espressa anche nella relazione fra un adulto e un bimbo che non abbiano legami di tipo genetico o legale. Sono state in fondo le stesse famiglie all’occidentale (nucleari, monogamiche, eterosessuali) a produrre delle nuove varianti grazie al divorzio, varianti che oggi vedono delle nuove realtà come le famiglie ricomposte e quelle 'monogenitoriali'. Le nuove condizioni hanno inoltre prodotto le famiglie cosiddette ‘omogenitoriali’, in cui i ruoli genitoriali sono ricoperti da coppie omosessuali, da travestiti o da transessuali (Zambrano, 2006).

 

Il termine ‘omogenitorialità’ pone l’accento sull’orientamento sessuale, analizzando se questo sia o no un limite per l’attuazione di un buon ruolo genitoriale. Gli studi però dimostrano che un buon ruolo genitoriale è dato dai rapporti instaurati fra genitori e figli e dalla capacità dei primi di crescere i secondi e non dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere dei genitori.

 

Secondo Fulcher (2014) un buon genitore si comporta in modo da promuovere adattamento e benessere del bambino, ciò indipendentemente dal proprio orientamento o genere. Ai bambini occorre una buona genitorialità, la quale può essere realizzata sia da uomini che da donne.

In riferimento ad una ricerca da ella condotta su soggetti adulti figli di genitori omosessuali, Sherri Sasnett scrive: “Alla fine, l'influenza dell'orientamento sessuale dei genitori era meno importante, in relazione al modo in cui gli intervistati erano in grado di costruire significati e sviluppare e mantenere l’identità, rispetto alle qualità delle relazioni e delle interazioni familiari.”[1] (Sasnett, 2015, p. 196)

 

Riguardo in fine all’annosa questione se l’orientamento sessuale dei genitori influisca su quello dei figli, Judith Stacey e Timothy Biblarz, analizzando la letteratura passata in merito, scrivono: “l’influenza parentale sui desideri sessuali dei bambini non è né diretta né facilmente predicibile.”[2] (2001, p. 170). Gli autori stessi auspicano l’avvio di un maggior numero di ricerche su questa ed altre questioni inerenti al tema dell’omogenitorialità.

 

L’accesso all’omogenitorialità è possibile in almeno tre modi: quando un bimbo è frutto di una precedente relazione eterosessuale di un genitore, il quale poi si lega in una relazione diversa da quella eterosessuale; attraverso l’adozione formale o informale o il riconoscimento di un figlio non biologicamente proprio; attraverso l’uso di donatori di seme e madri surrogate, questi soggetti si impegnano a non far’ valere i propri diritti di genitori biologici (Zambrano, op. cit.).

 

Una ricerca antropologica coordinata da Zambrano (ivi) presso Porto Alegre (Brasile) su un campione di soggetti nati biologicamente maschi, appartenenti alle categorie: omosessuale; travestito; transessuale divenuto donna; quasi tutti con bassa scolarizzazione e lavoro degradante (prostituzione), ha messo in luce che fra le famiglie con un genitore travestito o transessuale la scelta preferita è l’adozione (di solito informale) di un figlio di parenti o amici, questo perché l’atto di usare il proprio seme per ottenere un bambino che sia biologicamente correlato a uno dei membri della coppia diviene impensabile per un transessuale o un travestito, il quale lega la sua volontà di occuparsi di un pargolo a un istinto materno che l’uso del seme sposterebbe invece su un ruolo paterno[3].

 

La richiesta di adozioni legali è di solito una strada ben poco seguita soprattutto dai travestiti i quali, non volendo cambiare sesso, resterebbero anagraficamente maschi sui documenti ma femmine nell’aspetto e questo comporterebbe un pregiudizio nell’assegnazione dei bimbi. In fine le famiglie transessuali e travestite non hanno preferenze su sesso, razza o sanità del bambino, che dicono che amerebbero e crescerebbero comunque.

 

Riguardo al ruolo paterno e materno, mentre nelle famiglie omosessuali essi tendono a essere ciascuno appannaggio prevalente ma non esclusivo di uno dei membri della coppia, in quelle dove uno dei membri è travestito o transessuale (parliamo sempre di soggetti nati biologicamente maschi) sarà quest’ultimo a ricoprire per vocazione il ruolo materno (come detto poco prima), mentre il suo compagno, ricoprirà quello paterno.  Nel caso raro in cui i figli siano frutto di una precedente relazione eterosessuale del travestito o del transessuale, questi ultimi continuano a incarnare il ruolo paterno che però ora convive con un ruolo materno. Ciò che è importante rilevare è che i figli di queste coppie non sono confusi riguardo al genere dei genitori (ivi).

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Fulcher, M. (2014). Gender and Sexual Orientation in the Family: Implications for the Child Welfare System. Washington and Lee Journal of Civil Rights and Social Justice. 95, 21(1), pp. 94 – 116.[4]
  • Gross, M.; Guillemarre, S.; Mécary, C.; Nadaud, S. (2005). Homosexualité, mariage et filiation. Éditions Syllepse. Paris.[5]
  • Sasnett, S. (2015). Are the Kids All Right? A Qualitative Study of Adults with Gay and Lesbian Parents. Journal of Contemporary Ethnography, 44(2), pp. 196–222.
  • Stacey, J. & Biblarz, T. J. (2001). (How) does the sexual orientation of parents matter? American Sociological Review, 66(2), pp. 159 – 183.[6]
  • Zambrano, E. (2006). Parentalidades "impensáveis": pais/mães homossexuais, travestis e transexuais. Horizontes Antròpologicos, Porto Alegre, v.12, n.26, pp.123-147, Jul./Dez. 2006.[7]

 

 

 

 

[1] Traduzione mia del passaggio: “In the end, the influence of parental sexual orientation was less important, in relation to how respondents were able to construct meanings, and develop and maintain identities, than the qualities of familial relationships and interactions.

[2] Traduzione mia dell’originale: “parental influence on children's sexual desires is neither direct nor easily predictable.”

[3] Secondo Zambrano (2006) i transessuali biologicamente maschi svolgono in tutto funzioni materne, senza mai occupare il ruolo paterno.

[4] Collegamento: https://scholarlycommons.law.wlu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1393&context=crsj

[5] Vedi in particolare p. 31

[6] Collegamento: http://faculty.law.miami.edu/mcoombs/documents/Stacey_Biblarz.pdf

[7] Vedi in particolare pp. 123 – 129, 132 – 136, 140.