- DESCRIZIONE
Col nome ‘love coach’[1], Marco Crepaldi (2022) definisce una comunità di maschi eterosessuali[2] che studia ed insegna tecniche e comportamenti volti ad incrementare le possibilità di relazioni dei maschi con l’altro sesso, secondo l’idea per la quale sia possibile, grazie all’impegno, avvicinarsi: “al modello di uomo che le donne più belle desiderano.” (ivi, p. 56)
Essi ritengono che il controllo del linguaggio fisico e verbale, compresa la dissimulazione delle proprie debolezze, possano permettere di modificare stabilmente il proprio comportamento e di trasmettere un senso di carisma e sicurezza che metteranno in secondo piano l’aspetto estetico: grazie a questi sforzi, gli altri ci percepiranno in maniera differente e la nostra autostima aumenterà (ivi).
Il loro stile si baserebbe su alcuni capisaldi: sfruttare la presenza di donne attraenti nelle loro pubblicità; basare la loro forza sulla comunicazione, interagendo e facendo interagire i propri clienti fermando ragazze per strada, in pieno giorno, di modo da poter sfruttare appieno l’arma del linguaggio; evitare invece di agire in spazi fisici e caotici come le discoteche; sfruttare l’effetto ‘sono come te’, raccontando di aver avuto in passato gli stessi problemi che oggi aiutano a superare, e che la loro vita è cambiata da quando hanno scoperto le tecniche che ora dispensano. Quella proposta è quindi una ‘comunità di pari’, nella quale chi ha già superato certe difficoltà, insegna a chi ancora non le ha superate (ivi).
Roberto Pozzetti (2023) vede i ‘love coach’ come degli allenatori. Egli scrive: “Un love coach allena nel campo dell’amore con modalità analoghe a quelle utilizzate da un allenatore nello sport. Si tratta infatti di una sorta di allenatore sentimentale volto a insegnare tecniche di seduzione, a consigliare metodi per riconquistare il partner, a far capire quali errori vengono messi in atto nell’approccio erotico e a potenziare la propria autostima, termine estremamente in voga e imperniato sull’io senza capire che è proprio l’io la fonte del segnale d’angoscia. L’angoscia si avverte infatti innanzitutto a livello dell’io corporeo e, dunque, ridimensionare il proprio io diviene già un modo per ridurre l’esperienza dell’angoscia.”[3]
- INQUADRAMENTO
Le professioni di ‘coaching’- inclusa quella di ‘Love coach’ – non vengono esercitate a seguito di una formazione riconosciuta dal Mistero dell’Università e della Ricerca (M.I.U.R.) e non godono di riconoscimento giuridico. Scrive Leonardo Evangelista (2019) : “Quella del coach (contrariamente a medico, psicologo, biologo, etc.) è una professione non regolamentata, perciò non sono richiesti requisiti specifici e chiunque la può svolgere. Le professioni non regolamentate sono normate dalla legge 4-2013. La legge 4/2013 prevede che chi svolge professioni non regolamentate deve inserire nelle fatture di vendita la scritta: ‘Professione esercitata ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4 (G.U. n.22 del 26-1-2013)’”[4].
Se i ‘coach’ si organizzano in associazioni, queste ultime possono richiedere l’inserimento in uno specifico elenco del Ministero delle imprese e del Made in Italy; ciò non costituisce un riconoscimento giuridico della professione esercitata (Ministero delle imprese e del Made in Italy, 2023).
- AZIONI
I love coach si mostrano sicuri di sé, caratteristica in generale molto quotata e spesso erroneamente attribuita ad una grande competenza. Scrive Gisella Vetere: “La sicurezza di sé, a cui attribuiamo un valore smisurato , a cui ci affidiamo quando dobbiamo scegliere un leader o una persona con cui lavorare, non presuppone necessariamente che quella persona sappia che cosa sta dicendo, che stia raccontando qualcosa di vero.” (2023, p. 114)
Essi spingono i clienti a lavorare sull’autostima, non tenendo conto degli effetti collaterali che uno sviluppo non gestito e senza senso di realtà della stima verso se stessi può provocare. Secondo Kristin Neff (2011) ottenere e conservare un’alta stima di sé espone al rischio di sviluppare fra gli altri: narcisismo, egocentrismo, rabbia ipocrita, pregiudizio e discriminazione[5].
Suggeriscono inoltre una serie di atteggiamenti effettivamente apprezzati nelle interazioni sociali, legati al esempio alla postura, al tono della voce ed alla sguardo, che potrebbero in ogni caso essere appresi da soli attraverso l’esperienza (Crepaldi, op. cit.) conditi con interpretazioni errate di teorie psicologiche: si pensi ad esempio alla teoria della comunicazione di Mehrabian.
Albert Mehrabian (Mehrabian e Wiener, 1967)[6] identificò tre livelli di comunicazione: non verbale (ciò che riguarda il corpo, come la postura); paraverbale (ciò che riguarda la voce, come il tono); verbale (ciò che riguarda il contenuto del discorso, come l’informazione che si sta trasmettendo). A questi tre livelli egli assegnò una percentuale di rilevanza nel bilancio della comunicazione complessiva: non verbale 55%; paraverbale 38%; verbale 7%.
Tali percentuali erano riferite specificamente a quando un comunicatore sta descrivendo i propri sentimenti ed atteggiamenti ma questo importantissimo dettaglio venne ignorato da una serie di autoproclamatisi esperti di comunicazione, che cominciarono ad insegnare questa teoria come una regola generale.
Il professor Max Atkinson riporta al riguardo lo stralcio di una email inviatagli da Mehrabian[7]: “Sono ovviamente a disagio per le citazioni errate del mio lavoro. Fin dall'inizio, ho cercato di dare alle persone i limiti corretti delle mie scoperte. Sfortunatamente, il campo dei sedicenti ‘consulenti di immagine aziendale’ o ‘consulenti di leadership’ consta di numerosi professionisti con pochissima esperienza psicologica”[8] (2005, p.345)
- RIFLESSIONI
Se ci troviamo di fronte a persone senza una preparazione monitorata e riconosciuta dallo stato, che tramandano una serie di comportamenti errati e talvolta pericolosi per il benessere degli individui, viene da chiedersi come mai sembra che stiano riscuotendo ampio successo, a discapito dei professionisti della salute mentale.
Secondo Marco Crepaldi (op. cit.) questi allenatori dell’amore si presentano come delle persone comuni che ce l’hanno fatta. Erano come sono i loro clienti, pertanto li capiscono, possono mettersi nei loro panni e dare consigli pratici da usare subito. Un professionista della salute mentale, sia esso psicologo, psicoterapeuta, psichiatra, sessuologo, può essere invece percepito come un essere freddo e distante che ha appreso tutto quello che sa sui libri e che li guarderà dall’alto in basso o, peggio, che li riterrà pazzi, visto che da tali professionisti ci vanno solo i malati mentali.
Questo stigma verso le professioni che riguardano la salute mentale è, a mio parere, un problema rilevante, per risolvere il quale non si è finora fatto abbastanza.
In primis il pubblico non è solitamente a conoscenza di tutta la formazione teorica, pratica ed umana, supervisionate da docenti esperti e certificati, che portano a diventare un professionista – in particolare uno psicoterapeuta – attraverso l’approfondimento dei tre ambiti della conoscenza: sapere (conoscenza dei concetti); saper essere (conoscenza di se stessi); saper fare (conoscenza degli strumenti).
Essi forse si figurano che la storia di un professionista contempli faticose ore trascorse sui libri, snervanti attese per sostenere esami ed interminabili interrogazioni alla cattedra; ciò che probabilmente molti non immaginano sono invece i turni di tirocinio e di volontariato, gli incontri con le persone e la loro sofferenza, e poi altri esami, altre esperienze, ed al termine degli studi canonici di medicina o psicologia e dell’abilitazione, se si percorre la strada della specializzazione in psichiatria o psicoterapia, altri esami, altri tirocini, sempre più tecnicamente ed emotivamente sfidanti ed ancora, per gli allievi psicoterapeuti, anche la terapia personale e di gruppo. Successivamente all’acquisizione del titolo, essi affiancheranno poi, fino alla pensione, la pratica clinica alla formazione teorica continua certificata, richiesta per la pratica della loro professione.
Quel che di sicuro ben pochi sanno è che questi professionisti sono abilitati alla prevenzione, oltre che alla cura, del disagio mentale e che di solito sono ben lieti di poter intervenire prima che la sofferenza rubi la serenità delle persone, anziché dopo.
Le persone che non sanno queste cose ma che in altri campi medici si affidano ai professionisti, sono quelle che andrebbero maggiormente informate: informarle potrebbe anche far calare il senso di vergogna nel rivolgersi ai professionisti.
Esiste poi un’altra categoria di persone per le quali queste informazioni sono indifferenti se non addirittura di connotazione negativa. Mi riferisco a chi parzialmente o del tutto, ‘non si fida’ degli approcci delle scienze riconosciute e si rivolge in uno o più ambiti alle pseudoscienze[9]. Riguardo a costoro, non c’è informazione che tenga.
BIBLIOGRAFIA
- Atkinson, M. (2005). Lend me your ears: all you need to know about speeches & presentations. Oxford University Press. New York.
- Crepaldi, M. (2022). Il fenomeno degli INCEL e la teoria Redpill. Independently published/Ediuni Edizioni. Cagliari.[10]
- Mehrabian, A. (1981). Silent messages: implicit communication of emotions and attitudes. Wadsworth. Belmont (CA).
- Mehrabian, A. & Ferris, S. R. (1967). Inference of attitudes from nonverbal communication in two channels. Journal of Consulting Psychology, 31(3), pp. 248–252.
- Mehrabian, A. & Wiener, M. (1967). Decoding of inconsistent communications. Journal of Personality and Social Psychology, 6(1), pp. 109–114.
- Neff, K. D. (2011). Self-compassion: The proven power of being kind to yourself. Ed. Harper Collins. New York.[11]
- Vetere, G. (2023). I percorsi della memoria: I nostri ricordi formano chi siamo. Emse. Milano.
SITOGRAFIA
- Evangelista, L. (2019). Quali sono i requisiti di legge per lavorare come coach? E come formarsi per lavorare come coach? Formazione per orientatori.[12]
- Ministero delle Imprese e del Made in Italy (2023). Professioni non organizzate in ordini o collegi: elenco delle associazioni professionali.[13]
- Pozzetti, R. (2023). Love coach e dipendenza affettiva: la rete è un aiuto o una trappola? Agenda digitale EU.[14]
[1] Tenuto conto che l’attività di ‘love coaching’ non è una professione riconosciuta nel nostro paese, essa non è soggetta ad una specifica formazione e ad una chiara definizione, pertanto può essere descritta in vari modi, con varie sfumature, a seconda della formazione del redattore. Per approfondimenti, suggerisco alcune possibili definizioni e descrizioni delle attività:
- http://www.amorenellarelazione.com/love-coaching/
- https://www.conquistalasuamente.com/
- https://www.coachdambrosio.it/love-academy/
[2] In realtà esistono anche donne ‘love coach’ che si rivolgono ad un pubblico eterosessuale, tanto maschile quanto femminile. In particolare, rispetto alle loro controparti maschili, le quali si contornano di donne avvenenti per pubblicizzare le proprie capacità, esse sfruttano la propria immagine e messaggi del tipo ‘essendo una donna, io capisco cosa vogliono le donne e ve lo rivelerò’. Per il resto sia maschi che femmine adottano le medesime strategie.
[3] Si veda la voce ‘Love coach: il training delle dinamiche e dipendenze affettive’.
[4] Si veda la voce ‘Il coach non è una professione riconosciuta dalla legge’.
[5] Per approfondimenti sugli effetti del lavoro sull’autostima, suggerisco:
https://educationsummary.com/lesson/10-advantages-and-disadvantages-of-self-esteem-with-importance/
https://www.bbc.com/worklife/article/20210111-why-self-compassion-not-self-esteem-leads-to-success
[6] Si vedano anche Mehrabian e Ferris (1967); Mehrbarian (1981).
[7] L’email è datata 31 ottobre 2002.
[8] Traduzione e adattamento miei de: “I am obviously uncomfortable about misquotes of my work. From the very beginning, I have tried to give people the correct limitations of my findings. Unfortunately, the field of self-styled ‘corporate image consultants’ or ‘leadership consultants’ has numerous practitioners with very little psychological expertise.”
[9] Si pensi al ricorso che alcune persone fanno alla P.N.L. o all’omeopatia. Queste scelte sono talvolta indipendenti dal grado di scolarizzazione: persone con un curriculum accademico ricco, talvolta persino professionisti della salute mentale, si rivolgono a queste discipline.
- Per approfondimenti sulla P.N.L., suggerisco: https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=101621
- Per approfondimenti sull’Omeopatia, suggerisco: https://www.dnaexpress.it/salute/omeopatia-pseudoscienza/
[10] Vedi, in particolare: pp. 56-60.
[11] Collegamento (vedi in particolare p. 13): http://www.meditatewithdeb.com/wp-content/uploads/2018/09/Self-Compassion_-The-Proven-Pow-Kristin-Neff.pdf
[12] Collegamento: https://www.orientamento.it/quali-sono-i-requisiti-di-legge-per-lavorare-come-coach-e-come-formarsi-per-lavorare-come-coach/
[13] Collegamento: https://www.mimit.gov.it/index.php/it/component/content/article?id=2027474:professioni-non-organizzate-in-ordini-o-collegi-elenco-delle-associazioni-professionali
[14] Collegamento: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/la-rete-come-luogo-di-cura-della-dipendenza-affettiva/
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